Esiste una scuola «ideale» o quanto meno una scuola che risponda alle necessità formative profonde dei ragazzi di oggi, adulti di domani? Lo abbiamo chiesto ad un educatore di lunga data, fratel Vittorio Sarnico, dei fratelli della Sacra Famiglia, direttore dell’Istituto omonimo, per tutti la «Safa» in via Rosolino Pilo 24 a Torino, scuola paritaria che copre tutte le fasce d’età dalla scuola dell’infanzia fino al liceo per un totale di 650 allievi dai 30 mesi ai 19 anni. Fratel Vittorio, 75 anni, docente di matematica e fisica fino allo scorso, quando la sua congregazione gestiva la scuola Media parrocchiale San Remigio in via Artom, a Mirafiori sud, ha insegnato a lungo in un contesto sociale difficile che oggi chiamiamo «periferie esistenziali». «Di quegli anni di insegnamento nel quartiere delle case Fiat» ricorda fratel Vittorio «mi è rimasta l’attenzione al sociale, al rapporto umano con le famiglie. E, anche oggi in una realtà diversa come la ‘Safa’, frequentata da famiglie che possono permettersi di mandare i propri figli in una scuola paritaria, cerchiamo di venire incontro, nel limite delle nostre possibilità, agli alunni i cui genitori fanno fatica a pagare la retta ma desiderano optare per un educazione scolastica cattolica. Non credo sia giusto che il fattore economico sia un ostacolo alla scelta della scuola. Nella laica Francia, ad esempio dove è nata la nostra congregazione, non è così: le famiglie che scelgono le nostre scuole vengono sostenute nelle spese. Con i ragazzi del liceo poi, proponiamo iniziative di volontariato e di animazione nelle zone più povere della città in modo che si rendano conto di quanto sono privilegiati ad essere nati in una culla piuttosto che in un’altra».

Fratel Vittorio qual è secondo lei la scuola di cui hanno bisogno i ragazzi del nostro tempo?
Difficile rispondere perché i ragazzi di oggi sono molto diversi da quelli con cui ho iniziato ad insegnare ma anche solo dai loro genitori. Fino agli anni ‘80 e ’90 gli adolescenti erano più responsabilizzati, oserei dire erano già quasi adulti. Oggi i liceali, tranne qualche rara eccezione, sono ancora bambini, non sanno organizzarsi, sono molto meno autonomi. E di questo noi insegnanti dobbiamo tenerne conto. Posso rispondere a partire da come abbiamo impostato la nostra scuola: il nostro progetto educativo ci pare funzioni e risponda alle esigenze dei nostri allievi dall’infanzia alla maturità.
Perché allora una famiglia dovrebbe mandare i suoi figli alla «Safa»?
Io credo che prima delle strutture belle e curate e di proposte educative e scolastiche ‘competitive’ e innovative, i ragazzi che ogni mattina varcano il portone della loro scuola abbiano bisogno di sentirsi accolti come persone, di essere chiamati per nome, di essere riconosciuti nella loro unicità. In una parola la scuola funziona se al mattino ti alzi e hai voglia di andarci perché (anche se hai paura dell’interrogazione o della verifica) ti senti a casa e quindi atteso non solo dai tuoi compagni. Del resto il carisma della nostra congregazione, fondata in Francia nella prima metà del XIX da fratel Gabriele Taburin, ha come fondamento l’educazione dei giovani sul modello della Sacra Famiglia, in un ambiente scolastico sereno e stimolante, che promuova l’accoglienza, il dialogo e la collaborazione tra scuola e famiglia.
Perché i vostri allievi si sentono a casa?
Come spiegheremo nelle prossime settimane agli Open Day ( il calendario su www.collegiosacrafamiglia.it , ndr.) i pilastri della nostra scuola dalla materna al liceo sono la famiglia, la formazione e l’eccellenza: famiglia, come abbiamo detto, significa un luogo dove ciascuno, nel rispetto dei propri ruoli si sente a proprio agio, dove gli allievi si devono sentire liberi di dire ciò che non va, dove non ci sono tempi di attesa per i colloqui con gli insegnanti, dove c’è un servizio di sostegno psicologico a tempo pieno, dove nelle elementari ogni bimbo che ne ha bisogno ha un insegnante di sostegno dedicato. E poi una scuola dove i programmi non si preparano a fine luglio ma ad ottobre quando le lezioni sono iniziate e i docenti si misurano con gli allievi che hanno di fronte.
Eccellenza però significa anche un impianto sportivo con piscina attrezzatissima, l’attenzione alle lingue straniere in tutti plessi scolastici, viaggi studio all’estero e, accanto ai licei classico e linguistico, un liceo dell’impresa in stretto contatto con il mondo del lavoro, un corpo insegnante giovane e dinamico…
Certo, le proposte della nostra scuola sono di alto livello ma per noi eccellenza, come ci insegna la parabola dei talenti, significa innanzi tutto portare tutti gli allievi alla ‘loro’ eccellenza: se un ragazzo ha potenzialità da 10 la nostra scuola deve dargli la possibilità di arrivare a 10. Ma se ha potenzialità da 6 deve arrivare al 6. Ogni alunno ha i propri tempi di maturazione e l’insegnante non deve mai confondere un insuccesso, un’interrogazione andata male con la persona se no ha perso la fiducia del ragazzo. I progetti educativi si preparano in base agli alunni che ti vengono affidati, i traguardi sono personali. Non tutti sono nati per diventare campioni. E il nostro primo dovere educativo è crescere persone che siano felici, cioè di successo».