Potrebbe diventare presto beato Salvo D’Acquisto, l’eroico vice-brigadieredei Carabinieri che, durante la Seconda guerra mondiale, presso Roma immolò la sua giovane vita – aveva 23 anni – per salvare 22 innocenti dalla fucilazione. Quest’anno si celebra il centenario della sua nascita a Napoli il 7 ottobre 1920.
«SERBÒ UN CONTEGNO CALMO E DIGNITOSO» – Nel 1939 si arruola nell’Arma ed è vicecomandante della stazione di Palidoro (Roma) quando il 22 settembre 1943 le SS occupano una caserma abbandonata e, rovistando in una cassa, provocano lo scoppio di una bomba a mano: un tedesco è ucciso e altri due gravemente feriti. I nazisti accusano i partigiani di attentato e ordinano ai Carabinieri di individuare i responsabili, pena una rappresaglia: rastrellano 22 poveracci, li caricano su un camion, li trasportano alla Torre di Palidoro, li interrogano e li costringono a scavarsi la fossa.Racconta la testimone oculare Wanda Baglioni: «Quantunque malmenato e bastonato dai suoi guardiani, D’Acquisto serbò un contegno calmo e dignitoso». E Angelo Amadio, altro testimone: «Tutti gli ostaggi si dichiararono innocenti. All’ultimo momento, contro ogni nostra aspettativa, fummo rilasciati, eccetto il vicebrigadiere D’Acquisto». Il sottufficiale è già dentro alla fossa, dinanzi al plotone d’esecuzione. Amadio lo sente gridare «Viva l’Italia» e sente una scarica di colpi. Si gira e vede un tedesco che gli spara il colpo di grazia. Le SS riconoscono: «Il brigadiere è morto da eroe. Impassibile anche di fronte alla morte».
LUMINOSO ED EROICO ESEMPIO DI ALTRUISMO – Il 25 febbraio 1945 gli è conferita la medaglia d’oro al valor militare: «Esempio luminoso di altruismo, spinto fino alla suprema rinunzia della vita, sul luogo stesso del supplizio dove, per barbara rappresaglia, erano stati condotti dalle orde naziste 22 ostaggi civili del territorio della sua stazione, non esitava a dichiararsi unico responsabile d’un presunto attentato contro le forze armate tedesche. Affrontava così da solo, impavido, la morte imponendosi al rispetto dei suoi stessi carnefici e scrivendo una nuova pagina indelebile di purissimo eroismo nella storia gloriosa dell’Arma». Il 4 novembre 1983 l’arcivescovo ordinario militare, il bergamasco mons. Gaetano Bonicelli, apre la causa di beatificazione che nel 1991 approda alla Congregazione per le cause dei santi.Ricordando il bicentenariodell’Arma dei Carabinieri, fondata dalre di Sardegna Vittorio Emanuele I (1814-20 maggio-2014), Papa Francesco spiega: «Celebrare la ricorrenza significa ripercorrere due secoli della storia d’Italia, tanto è forte il legame dell’Arma con il Paese. Tra i Carabinieri e la gente esiste un legame di solidarietà, fiducia e dedizione al bene comune. La vostra vocazione è il servizio, che si esprime nella tutela degli individui e dell’ambiente, nell’azione per la sicurezza, per il rispetto delle regole della convivenza civile e per il bene comune: è un impegno concreto e costante nella difesa dei diritti e doveri dei singoli e delle comunità. La tutela dell’ordine pubblico e della sicurezza delle persone è un impegno sempre più attuale in una società dinamica, aperta e garantista, come quella italiana. La vostra missione si esprime nel servizio al prossimo e vi impegna ogni giorno a corrispondere alla fiducia e alla stima che la gente ripone in voi. Ciò richiede costante disponibilità, pazienza, spirito di sacrificio e senso del dovere».
OFFERTA DELLA VITA SIMILE AL MARTIRIO – Tutti valori che brillano in Salvo. Dopo un rallentamento, sembra che la causa di beatificazione per «offerta della vita»abbia ripreso slancio. Mons. Gabriele Teti, postulatore della causa ed ex carabiniere, racconta che Salvo «a Roma incontrò un amico con il quale aveva fatto il corso da carabiniere. Dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943, ci fu un grosso gruppo di Carabinieri che passò alla clandestinità, per combattere i tedeschi a Roma. Il commilitone lo invitò a lasciare la divisa per unirsi ai partigiani. Rispose che il suo dovere era tutelare l’ordine, la sicurezza e l’incolumità delle persone che gli erano state affidate e che il suo comito non era di andare via».Salvo ènato e cresciuto in una famiglia molto religiosa. Confida il postulatore: «Già nell’infanzia piccoli episodi fanno capire la sua indole. Tornando da scuola, donò le sue scarpe a un bambino che incontrava e che era scalzo. Un’altra volta si avventò a salvare un bambino che stava per finire sotto un treno».La causa di beatificazione si è arenata sul problema del martirio. Ora il sacrificio di Salvo rientra più facilmente nella categoria «offerta della vita», criterio introdotto da Papa Francesco l’11 luglio 2017 con il motuproprio «Maioremhacdilectionem»: «Sono degni di speciale considerazione e onore quei cristiani che, seguendo più da vicino le orme e gli insegnamenti del Signore Gesù, hanno offerto volontariamente e liberamente la vita per gli altri e hanno perseverato fino alla morte in questo proposito. L’eroica offerta della vita, suggerita e sostenuta dalla carità, esprime una vera, piena ed esemplare imitazione di Cristo ed è meritevole di quella ammirazione che la comunità dei fedeli è solita riservare a coloro che volontariamente hanno accettato il martirio di sangue o hanno esercitato in grado eroico le virtù cristiane». Il «dono della vita» è simile ma non uguale al martirio.