Nel 1598, alle prime avvisaglie della nuova epidemia di peste, a Torino 35 membri della Confraternita di Santa Croce ottengono dall’arcivescovo Carlo Broglia (1592-1617)di formare la nuova Confraternita di «San Rocco morte e orazione» presso la cappellaMadonna delle grazie, vicino alla chiesa parrocchiale SanGregorio, oggi scomparsa, aggregata alla «Compagnia della buona morte» dì Roma, nata con Papa Paolo III (1434-1549). La peste del 1598-99 fa molte vittime: 400 morti a Lanzo, 150-200 morti al giorno a Torino, tra cui tutti i parroci. La cappella – che custodisce una statuetta della Madonna del 1374, la più antica in città – è presto insufficiente, tanti sono i membri. L’edificio attuale è compiuto nel 1617 su progetto dell’architetto ducale Carlo di Castellamonte. La chiesa è nell’antica contrada di San Francesco, l’attuale via San Francesco d’Assisi, davanti alla sede dello «Studium», fondato nel 1404, embrione dell’Università, a pochi passi dalla Torre del Comune di via Dora Grossa (ora Garibaldi).
Nelle pestilenze la Confraternita seppellisce i cadaveri abbandonati sulle rive dei corsi d’acqua, per le strade, nei vicoli tra l’immondizia: annegati nel Po, nella Dora, nella Stura, nella bealera di Porta Susina; periti in incidenti e per i molti suicidi; uccisi in risse erapine; morti di inedia a causa dell’estrema miseria.Cadaveri più numerosi durante le pestilenze.Quasi mai i corpi hanno un nome perché non esistono documenti di identità e nessuno li reclama e si preoccupa di seppellirli. Allora intervengono i confratelli e le consorelle: il cadavere è avvolto in un telo e inumato nella cripta sotto il pavimento di San Rocco. I cimiteri fuori le mura arrivano dopo l’editto napoleonico di Saint-Cloud del 1809, anche se a Torino dal1777 esiste il cimitero suburbano di San Pietro in vincoli. In tasca di un morto del 1823 trovano una supplica a re Carlo Alberto. Quella di San Rocco è una delle tante congregazioni laiche di ispirazione religiosa che a Torino offrono servizi fondamentali sostituendosi alla quasi inesistente mano pubblica. La Confraternita della Misericordia assistei condannati a morte, anche con l’impareggiabile opera di San Giuseppe Cafasso; la Confraternita della Santissima Trinità accoglie i pellegrini; quella del Santo Sudanocura «i pazzerelli», malati di mente.
Il culto di San Rocco della Croce è popolarissimo in Europa e in Italia che gli dedica 3 mila chiese e cappelle. Nato in Francia da famiglia benestante,principe di Mompellier, terziario francescano. Scampato alla peste che aveva contratto,pellegrina a Roma servendo gli appestati in vari lazzaretti dell’Italia centrosettentrionale,Piacenza, Acquapendente e Roma. È incarcerato a Voghera perché ritenuto una spia e detenuto fino alla morte nel 1376-1379. Sui piloni votivi e sulle cappelle campestri gli affreschi, senza pretese artistiche, raffigurato Cristo crocifisso, la Vergine, i Santi: Antonio abate protettore degli animali domestici; Isidoro avvocato degli agricoltori; Lazzaro, Sebastiano e Rocco protettori degli appestati. A Grugliasco il 31 gennaio si celebra la festa patronale di San Rocco per ricordare che la cittadina fu salvata dalla peste del 1598-99 da San Rocco impietosito da preghiere e novene.La progressiva perdita di ruolo di queste associazioni nell’Ottocento con le riforme albertine non risparmia«San Rocco morte e orazione». Dopo vicende burrascose nel 2003 si arriva al commissariamento: il commissario è il rettore don Fredo Olivero, storico volto della Chiesa torinese.
Nel 2020 è tornato alla luce il formidabile archivio pluricentenario. Dopo un’accurata digitalizzazione e catalogazione, in scaffali lunghi 30 metri custodisce le carte della Confraternita, preziosa raccolta di oltre mezzo millennio di documenti sulla vita religiosa e civile della città.Oltre all’elenco degli affiliati, uomini e donne; i registri delle sepolture dei cadaveri abbandonati; atti ufficiali, decreti e memorie che vanno dal 1444 al 1967, comprese 20 pergamene anteriori al 1700, per esempio la pergamena redatta per la traslazione e ricognizione della reliquia di San Rocco da Arles in Provenza a Torino avvenuta il 21 giugno 1620. Si tratta di una impagabile miniera di notizie di prima mano, fondamentali per raccontare la vita quotidiana a Torino a partire dal Quattrocento.
Si invocano la Consolata, patrona della città e della diocesi, e la Sindone. Nel 1522 in molte terre subalpine scoppia la peste. Sovrano e popolo pregano e fanno voti.Finitala peste, si dedicano chiese; si fondano confraternitecome a Ciriè; gli artisti dipingono affreschi come a Viverone. Si invoca anche San Valerico: alla Consolata c’è un altare con le reliquie giunte con i monaci benedettini dell’abbazia di Novalesa nel X secolo: anche a lui, nei secoli passati, la gente ricorreva con fiducia. Quando nel 1630 Torino è liberata dalla peste – descritta da Alessandro Manzoni ne «I promessi sposi » – il Comune offre all’altare della Cappella della Sindone una tavoletta raffigurante in bassorilievo la reliquia con i cinque santi protettori sopra la città e dodici consiglieri municipali inginocchiati in atto di offerta. L’evento è riprodotto in un affresco nell’atrio di Palazzo Madama. La Sindone è raffigurata sempre con personaggi che la sostengono: la Madonna, gli angeli e i santi locali come il beato Sebastiano Valfrè, il beato Amedeo IXdi Savoia e san Francesco di Sales che non è torinese ma che con la città ha intensi rapporti – è patrono del Seminario – e per la Sindone ha una profonda devozione. L’arcivescovo Luigi Fransoni, nel terribile colera del 1835, elogia le cautele per evitare il contagio e invita a rivolgere preghiere:«Servirci dee senza dubbio di ben grande conforto il considerare, che due preziosi pegni possediamo: la Sindone augusta e l’amorosa protezione nella taumaturga immagine di nostra Signora Consolatrice. A questi santuarisi ripetano le vostre visite» e, per sollecitare i fedeli,accorda 40 giorni di indulgenza.