Sono Andrea, docente in una scuola secondaria di secondo grado di Torino. Una scuola pubblica paritaria. Vi scrivo per condividere una fortissima preoccupazione inerente al nostro futuro di docenti. Non sono un servitore dello Stato contrattualmente parlando, tuttavia mi sento un fondamentale servitore dello Stato perché come molti altri miei colleghi contribuisco alla costruzione del nostro Paese aiutando i ragazzi a me affidati a generare una coscienza critica per migliorare il nostro Stato e il mondo e formando nell’oggi, con loro, qualche tassello del loro futuro.
Sono, come molte altre migliaia di miei colleghi statali e paritari, una minuscola gocciolina all’interno del grande oceano della Scuola. Sono convinto che ogni singolo docente abbia una responsabilità enorme: insegnare e diffondere cultura ed educare i ragazzi che si affacciano all’età adulta perché diventino onesti cittadini.
In questi anni di intensissimo lavoro ho scelto di rifiutare le molte convocazioni statali, non perché abbia goduto di un «canale privilegiato» di ingresso nella paritaria, bensì per produrre continuità didattica ed educativa, offrendo ai ragazzi assetati di futuro e competenza un percorso ben delineato, uniforme e privo di altalenanti condizioni che spesso hanno un effetto contrario rispetto alla nostra missione.
Ho ottenuto faticosamente la fiducia della scuola dove lavoro, a seguito di molti colloqui con il dirigente scolastico e monitoraggio del servizio, di progetti portati a termine, continui incontri con le famiglie e specialisti svolti per il bene dei ragazzi, corsi di innovazione didattica e aggiornamento per cercare sempre nuove tecniche di insegnamento, perché tutto questo è il nostro lavoro. La professionalità creata sul campo è infatti frutto della scelta quotidiana di rimanere in questo mondo, al cui centro ci sono sempre e solo i nostri studenti.
Tutti noi docenti precari, dello Stato e delle paritarie, abbiamo affrontato e continuiamo ad affrontare enormi sacrifici ma chi come me possiede una laurea specialistica, ha conseguito i 24 crediti formativi universitari (cfu) in ambiti specifici e ha maturato oltre tre anni di insegnamento in una scuola paritaria, si trova escluso dai piani di reclutamento concorsuali che ci permetterebbero di avere diritto a un contratto a tempo indeterminato.
Di fatto siamo considerati diversamente perché l’anzianità maturata, l’esperienza e la competenza sviluppate sul campo non hanno nessun valore e quanto segue è estremamente grave in quanto esclude la possibilità di accedere • ai percorsi abilitanti speciali (Pas): non è specificato quando verrà attuato e non vi è alcuna garanzia; • al concorso straordinario, nonostante l’articolo 33 della Costituzione Italiana e la legge n. 62/2000 pongano sullo stesso piano la scuola statale e paritaria.
Questa è discriminazione. Questa è ingiustizia. Svolgiamo le stesse attività dei colleghi delle scuole statali. Perché siamo esclusi?
Se non fosse per le scuole paritarie, lo Stato non avrebbe né la forza lavoro né le strutture per gestire l’educazione scolastica del Paese.
Pertanto alla luce di tutti i punti evidenziati vi chiedo:
di rendere accessibile il concorso straordinario a noi docenti che abbiamo maturato, come i colleghi statali, almeno 3 anni di servizio e i 24 cfu; di garantirci che l’anno di prova possa essere svolto in una qualunque scuola del servizio nazionale di pubblica istruzione (statale e paritaria): di rivalutare la possibilità che gli anni svolti nella scuola paritaria siano validi in fase di ricostruzione carriera, esattamente come quelli nello Stato; di garantire l’abilitazione ai docenti che, pur avendo superato la prova scritta con 7/10 e non rientrando nei 24 mila posti, hanno supplenza annuale in una qualunque scuola del servizio nazionale di pubblica istruzione (statale e paritaria).
Aggiungo inoltre che la situazione del nostro precariato è ulteriormente aggravata dal vincolo che il datore di lavoro ha in merito alla possibilità di riassunzione, non è infatti previsto reiterare per troppe volte il contratto a tempo determinato, ma allo stesso tempo è infattibile trasformarlo in tempo indeterminato se il docente non in è in possesso di abilitazione. Non a caso l’Unione Europea ha sanzionato l’Italia per l’abuso di precariato scolastico. Non va dimenticato infatti che l’ultima possibilità di abilitazione risale al 2014.
Dobbiamo rispondere ogni giorno alla nostra coscienza, alle nostre mogli, mariti e figli perché con loro condividiamo il sogno di vivere sereni e perché tanto più è motivato un docente tanto maggiori sono i benefici che la società e il nostro Paese ricevono: crediamo nel senso di giustizia dello Stato Italiano e vi invitiamo ad accogliere le nostre proposte.
Andrea VERNA