Un’auto bianca di piccola cilindrata esce da un portone. In quella piccola utilitaria c’è un uomo di nome Francesco e dietro quel portone l’ambasciatore russo presso la Santa Sede Alexander Avdeev. È il 24 febbraio, giorno di inizio della sconsiderata invasione Russa in Ucraina. I giornali descrivono l’iniziativa del Papa come un fatto inedito. Un evento storico che spicca insieme ad altri eventi che per la loro rilevanza vengono qualificati dai vari commentatori della guerra come altrettanto storici: è storica l’invasione bellica di uno stato sovrano dopo la fine della ‘guerra fredda’ in Europa, è storica la reazione compatta dell’Occidente, è storica l’uscita dalla neutralità della Svizzera, sono storiche le pesanti sanzioni inflitte all’economia Russa… C’è una differenza però tra il carattere storico di questi eventi e quello dell’azione di Papa Francesco. Se i primi sono azioni “contro qualcuno”, per quanto motivati da legittima difesa, quello di Bergoglio è un andare incontro. Una logica che ha motivato molti dei suoi viaggi apostolici ispirati dal santo di Assisi.
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