Sergio Durando, i numeri veri sui profughi

Analisi – Il direttore dell’Ufficio migranti della diocesi di Torino: “gli sbarchi diminuiscono, ma nell’agenda politica il tema resta una priorità”. Nei primi sei mesi del 2019 sono sbarcati in Italia 30.73 migranti, nello stesso periodo del 2018 erano 16.935

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Nelle due settimane di blocco ai 43 naufraghi della Sea Watch, le spiagge siciliane hanno visto sbarcare da barche e gommoni molte centinaia di migranti. La maggior parte in arrivo da Tunisia, Libia e Turchia.  Sotto le telecamere andava in scena il blocco navale, lontano dalle telecamere l’Italia lasciava fare… Come spiegare questa situazione? «Diminuisce il numero dei migranti, ma l’attenzione mediatica continua a crescere», dice Sergio Durando, direttore dell’Ufficio Migranti della diocesi di Torino. «La percezione comune è sovradimensionata rispetto alla realtà e nell’agenda politica il tema ‘migranti’ continua ad essere la priorità del Paese».

Sergio Durando

Se diminuisce il numero degli sbarchi, perché continua a salire l’attenzione?

I riflettori puntati per settimane sull’arrivo di 43 persone salvate da un’imbarcazione olandese di una Ong tedesca nel Mediterraneo sono diventati l’emblema per ribadire il ruolo fermo del Governo italiano sul tema degli sbarchi. «I porti sono chiusi e resteranno chiusi». Dichiarazioni rassicuranti per alcuni, inaccettabili per altri. In quei giorni i toni via via più accesi hanno rafforzato la critica nei confronti dell’istituzione Unione europea, nei confronti del Trattato di Dublino e della volontà di delegare l’accoglienza dei migranti ai soli paesi rivieraschi. Ma anche garanzie di una ferma lotta all’invasione dei migranti in Italia, e una dichiarata guerra alle Ong, accusate di essere mercanti di vite umane e istigatrici della migrazione clandestina. Mentre per i 43 profughi il porto dell’isola restava chiuso, per altri 45 arrivati autonomamente a bordo di una piccola barca in legno, nessun problema. Sono stati portati a terra da una motovedetta della Guardia di Finanza che li ha avvistati quando erano già in prossimità dell’isola e trasferiti poi nell’hot spot.

E l’opinione pubblica?

Abbiamo sentito di percentuali del 61% di italiani che non volevano attracchi, mentre da Lampedusa è partita una manifestazione di protesta per chiedere lo sbarco dei 43 ‘sequestrati’. «Dormiremo sul sagrato della Parrocchia San Gerlando a Lampedusa, fino a quando i naufraghi e l’equipaggio non verranno fatti scendere a terra, in un porto sicuro, come è giusto che sia», hanno affermato gli attivisti del Forum Lampedusa solidale, presidio pacifico, resistente, partecipato che in pochi giorni si è diffuso in molte altre realtà italiane tra cui Torino, difronte alla Chiesa di San Dalmazzo in Via Garibaldi. A poche miglia da Lampedusa l’Italia ha continuato per giorni a negare loro il permesso di toccare terra. Poi sappiamo come è continuata la vicenda. Ma il mondo si muove… i numeri ci raccontano a livello mondiale di un esodo inarrestabile, di una mobilità crescente e l’Italia si concentra su 43 sfortunati forse perché tratti in salvo da una Ong… Lontano dalle telecamere nelle nostre scuole bambini con origini altre crescono come nuovi italiani, circa 1 milione in particolare di donne curano i nostri anziani, le attività produttive si arricchiscono di nuovi lavoratori, mercati ed attività… La disperazione spinge le persone a intraprendere viaggi che ben conosciamo.

Si parla di emergenza profughi: quanti sbarchi sono avvenuti in Italia nel 2019? Quanti nel 2018 e negli anni precedenti? Si tratta di numeri allarmanti rispetto alla situazione degli altri Paesi d’Europa?

Il tema immigrazione continua ad essere rappresentato come un’emergenza così forte da essere affrontato come il principale problema, ricorrendo addirittura allo strumento della decretazione di urgenza per regolare la materia! Ma i dati non vanno a supporto delle politiche in corso. Dal 1° gennaio all’8 luglio 2019 sono sbarcati in Italia 3.073 migranti. Nello stesso periodo del 2018 e 2017 i numeri erano rispettivamente 16.935 e 85.207. Se guardiamo gli arrivi dal 2011 (erano 64.300) al 2018 vediamo delle oscillazioni, con punte negli anni 2014 (170 mila), 2015 (150 mila) e 2016 (181 mila). Poi nel 2017 e 2018 sono scesi da 119 mila a circa 23 mila.

Numeri che vanno ovviamente rapportati al fenomeno globale della mobilità, soprattutto quella forzata, che negli ultimi anni ha registrato una forte crescita. Nel 2018 sono state 70,8 milioni le persone fuggite dalla loro casa in conseguenza di guerre, persecuzioni ma anche terremoti, cambiamenti climatici, siccità, povertà estrema. Tra questi 25,9 milioni i rifugiati, di cui l’80% accolto nei paesi confinanti. 3,5 milioni i richiedenti asilo e 40,3 milioni le persone sfollate all’interno del loro paese. È il livello più alto mai registrato dalla fine della Seconda guerra mondiale. Tale cifra corrisponde al doppio di quella di 20 anni fa. Ogni giorno 37.000 persone sono state costrette a fuggire dalle loro case.

Quali sono i Paesi più interessati dal fenomeno migratorio?

L’Italia, come del resto l’Europa, sono interessate da questo movimento migratorio in minima parte. Per il quinto anno consecutivo, infatti, è la Turchia, il Paese con il numero più alto di rifugiati, con 3,7 milioni di persone ospitate, seguita da Pakistan (1,4 milioni), Uganda (1,2 milioni), Sudan (1,1 milioni). Il Libano continua ad accogliere il numero più elevato di rifugiati in proporzione alla propria popolazione, con un rapporto di un rifugiato ogni 6 persone. Guardando all’Europa (500 milioni di abitanti), nel 2018 sono arrivate 115.000 persone, 172.362 nel 2017, 348.000 nel 2016, oltre 1 milione (856.000 Grecia – 153.842 Italia) nel 2015, 216 mila nel 2014, 60 mila nel 2013 e nel 2012, 22 mila.

La maggior parte degli ingressi «irregolari» in Italia avviene lungo la frontiera fra il Friuli e la Slovenia. Perché l’attenzione del Governo è concentrata sugli sbarchi in Sicilia?

Il numero di arrivi irregolari in Europa nel 2018 – per via terrestre e marittima – è diminuito del 95 per cento rispetto all’estate del 2015. Coloro che stanno continuando a fare il viaggio stanno provando nuovi e diversi percorsi, perché sono cambiate le condizioni politiche dei paesi di approdo. Avendo l’Italia effettuato nel corso dello scorso Governo un accordo con la Libia per fermare i flussi del Mediterraneo centrale, questi si sono spostati su altre rotte, attualmente quelle balcaniche. Non è un caso che il ministro degli Interni italiano stia affrontando il tema di controllo e respingimento di migranti sul confine sloveno.

Si parla di «porti chiusi» e rimpatri forzati: quanti ne sono stati eseguiti in un anno dall’attuale Governo? Quanti dal precedente?

I rimpatri erano stati il punto centrale del discorso di Salvini sull’immigrazione, che in campagna elettorale ne aveva promessi mezzo milione.  Nel 2018, però, i rimpatri completati dall’Italia sono stati circa 5mila, un numero esiguo e soprattutto inferiore a quello fatto registrare nel 2017, 6.514. Nei primi mesi del Governo Lega-M5S, inoltre, il numero di rimpatri è stato inferiore a quello riferito agli stessi mesi dell’anno precedente. Nel primo semestre del 2019 sono stati 2.839 gli stranieri rimpatriati. A fine anno saremo quindi sui 5.600-6.000, numero in linea con quelli degli ultimi anni, vale a dire 18 al giorno, come nei due governi precedenti. Il nuovo Governo finora non ha stipulato alcun nuovo accordo sui rimpatri con i paesi d’origine, cioè quelli da cui provengono i migranti.

La Chiesa Cattolica e una vasta parte del volontariato contestano apertamente la politica dei «porti chiusi». Perché?

Il tema è molto sentito, scatena tensioni e talora divisioni anche nelle nostre comunità. Molte volte il confronto è viziato da una conoscenza superficiale e tante volte da una nostra ‘presuntuosa lettura’. Un tema così importante richiede studio, conoscenza, approfondimento partendo dalle fondamenta, dalla Parola di Dio. Il rischio è che sia la nostra percezione, esperienza o interpretazione la chiave di lettura con cui leggiamo la realtà. Non possiamo essere tiepidi, indifferenti, lasciare che altri si occupino per noi di un tema che non è “il problema dei migranti” ma è il futuro del nostro mondo, il progetto di Dio per l’umanità. Le nostre letture sono ‘povere’, e le nostre istituzioni in crisi. L’Italia è in crisi. L’Europa si sente sotto assedio, invasa, reagisce con paura e ostilità, erge muri, srotola filo spinato, chiude i porti, respinge i migranti. La Chiesa non può stare a guardare. La Chiesa non può stare zitta di fronte a una politica di ipocrisia e di cinismo dato che i profughi spesso sono la conseguenza di guerre fatte sul territorio africano o mediorientale per proteggere interessi economici del continente. I morti delle persone in viaggio ci devono scuotere e provocare. La difesa della nostra fortezza per garantirci i nostri privilegi arriva a giustificare il non soccorrere chi sta affogando, respingere una donna malata e incinta alla frontiera, sparare sui poveri. Assistiamo ad una disumanizzazione preoccupante di cui oggi sono vittime gli stranieri e domani chissà. I valori fondanti lo stile del Regno di Dio, controcorrente e apertamente contestati. I migranti ci svelano una drammatica realtà, un mondo dove l’egoismo ha prodotto povertà, sfruttamento, morte. «La Chiesa ‘in uscita’ sa prendere l’iniziativa senza paura, andare incontro, cercare i lontani e arrivare agli incroci delle strade per invitare gli esclusi, coloro che noi stessi stiamo escludendo come società». Sono le parole di Papa Francesco relative alla Giornata del migrante e del rifugiato che quest’anno verrà celebrata il 29 settembre. Il messaggio per la Giornata ha un titolo evocativo: «Non si tratta solo di migranti». Accogliere, proteggere, promuovere e integrare sono la risposta alla sfida posta dalle migrazioni, ma non valgono solo per i migranti e i rifugiati. «Essi esprimono la missione della Chiesa verso tutti gli abitanti delle periferie esistenziali, che devono essere accolti, protetti, promossi e integrati». «Dunque, non è in gioco solo la causa dei migranti, non è solo di loro che si tratta, ma di tutti noi, del presente e del futuro della famiglia umana», si legge nel messaggio. I migranti, e specialmente quelli più vulnerabili, secondo Bergoglio ci aiutano a leggere i «segni dei tempi». «Attraverso di loro il Signore ci chiama a una conversione, a liberarci dagli esclusivismi, dall’indifferenza e dalla cultura dello scarto. Attraverso di loro il Signore ci invita a riappropriarci della nostra vita cristiana nella sua interezza e a contribuire, ciascuno secondo la propria vocazione, alla costruzione di un mondo sempre più rispondente al progetto di Dio».

La Chiesa esorta all’accoglienza. Tanti, che contestano le porte aperte, si domandano se sia possibile accogliere senza limiti… Quale risposta?

Domanda legittima, certamente non con i numeri attuali e non in questa prospettiva demografica a saldo negativo e di continente vecchio. E va anche ribaltata l’idea di un’accoglienza passiva che genera assistiti. E poi la Chiesa esorta all’accoglienza perché il sentirsi accolto è un bisogno per ciascuno di noi. Accoglienza significa riconoscere all’altro la sua dignità. Dignità che ognuno di noi vuol sentirsi riconosciuta e non solo pratica indirizzata allo straniero ma al piccolo, alla vedova, all’anziano, al malato, al diverso, al povero…

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