«L’Italia consacrata alla Madonna» titolò a 9 colonne, 60 anni fa, «L’avvenire d’Italia» la cronaca dell’atto pronunciato a Catania il 13 settembre 1959 dal cardinale arcivescovo di Napoli Marcello Mammì, davanti a 400 mila fedeli. La prima proposta della consacrazione venne dal Congresso Eucaristico nazionale di Torino del 1894. Idea realizzata 64 anni dopo.
Nel 1894 Torino era stata scelta come sede del VI Congresso Eucaristico internazionale – che poi si svolse a Reims in Francia – ma le avverse condizioni politiche suggerirono di ripiegare su un Congresso nazionale: i Governi erano fieramente anticristiani e anticlericali. La Prefettura vietò la processione di chiusura. Fu un duro colpo. Al Congresso «L’Eucaristia nella devozione privata, nel culto pubblico, nei riguardi dei sacerdoti» (2-6 settembre 1894 ) con l’arcivescovo Davide dei Riccardi di Netro partecipano i santi Leonardo Murialdo e Giuseppe Marello; i beati arcivescovi e vescovi Tommaso Riggio (Genova), Andrea Ferrari (Milano), Giovanni Battista Scalabrini (Piacenza), Giuseppe Rosaz (Susa): i beati e venerabili Giuseppe Allamano, Michele Rua, Paolo Pio Perazzo, principessa Maria Clotilde di Savoia-Bonaparte, Giuseppe Toniolo e Filippo Meda. II Congresso chiese al governo che «l’Eucaristia possa uscire per le vie delle nostre città e dei nostri paesi» e Leone XIII (28 agosto 1894) elogiò l’«iniziativa destinata a promuovere la riverenza e il culto dei mistero eucaristico».
Uno dei motivi dei Congressi Eucaristico (1894) e Mariano (1898) di Torino era creare un vasto movimento di opinione per promuovere la consacrazione al Cuore immacolato di Maria. Manifestazioni che legano fede e vita, Eucaristia e questione sociale, Madonna e poveri, grazie al forte influsso dell’enciclica sociale «Rerum novarum» di Leone XIII (1° maggio 1891). Nella preparazione e nello svolgimento del Congresso Mariano (4-8 settembre 1898) l’arcivescovo Agostino Richelmy insiste sulla necessità di promuovere la consacrazione. Scrive ai vescovi d’Italia: «Sorride l’idea di consacrare al Cuore immacolato di Maria i figli tribolati di questa povera Penisola perché nel nuovo secolo, distrutti gli sforzi del moderno paganesimo, pieno e perfetto sia il trionfo di Gesù redentore». Papa Leone condivide e il 2 agosto 1898, scrivendo a Richelmy, elogia «il desiderio di consacrare gli italiani alla Madre di Dio affinché abbiano a riposare tranquilli nella tutela del suo cuore materno. Gli italiani in ogni tempo furono singolarmente devoti alla Vergine e la storia dimostra come fra Maria e gli italiani vi sia stata una nobile gara di cure e affetto quale suole essere fra madre e figli: le migliori glorie degli italiani sono legate al nome della Vergine e da lei ebbero forza e splendore le scienze, le lettere e le belle arti». Il tema della consacrazione occupa gran parte dei lavori e dei voti del Congresso: partecipanti e relatori concordano per acclamazione.
Nonostante tutto questo entusiasmo, non se ne fa nulla. Le due guerre mondiali (1914-18 e 1939-45); le apparizioni della Madonna ai tre pastorelli a Fatima (13 maggio-13 ottobre 1917); le forti scelte mariane di Pio XII – consacrazione della Chiesa e del genere umano al Cuore di Maria (31 ottobre 1942), dogma dell’Assunzione di Maria (1° novembre 1950), Anno Mariano (1953-8 dicembre-1954), consacrazione della Russia alla Madonna («Sacro vergente anno», 7 luglio 1952) ravvivano il progetto. Il sogno di Pacelli si avvera dopo la costituzione della Conferenza episcopale italiana e con il suo successore Giovanni XXIII, eletto il 28 ottobre 1958. Il cardinale arcivescovo di Bologna Giacomo Lercaro perora l’idea (13 dicembre 1958) davanti ai cardinali e arcivescovi Alfonso Gastaldo (Napoli), Maurilio Fossati (Torino), Giovanni Battista Montini (Milano), Ernesto Ruffini (Palermo), Giuseppe Siri (Genova), Giovanni Ferro (Reggio Calabria). All’iniziativa lavorano alacremente i futuri vescovi Francesco Maria Franzi (ausiliare di Novara) e Fausto Vallainc (vescovo di Alba), il paolino Gabriele Amorth (futuro famoso esorcista) e i casalesi Francesco Maria Avidano (vincenziano) e mons. Luigi Novarese (futuro beato).
L’atto di consacrazione è preparato dalla «Peregrinatio Mariae» (1946-51): la statua della Madonna di Fatima pellegrina di città in città e suscita un entusiasmo indescrivibile con predicazioni, confessioni e comunioni (si stima 12 milioni di presenze complessive e quasi e 2 milioni e 275 mila di comunioni) in un clima di devozione favorita dal miracolo della «Madonna delle lacrime» di Siracusa (1953-54) e dal Congresso Eucaristico nazionale di Catania (6-16 settembre 1959) «Dacci oggi il nostro pane quotidiano». In un radiomessaggio Giovanni XXIII afferma: «Un sentimento di umiltà e volonteroso servizio di Dio e della Chiesa vi ha condotti alla professione di fede e di amore, che sarà più generosa dopo la consacrazione dell’Italia al cuore di Maria. Gli italiani tutti con fervore venerino in lei la Madre del Corpo mistico di cui l’Eucaristia è simbolo e centro vitale; imitino in lei il modello più perfetto dell’unione con Gesù; a lei si uniscano nell’offerta alla vittima divina; implorino per la Chiesa i doni dell’unità, della pace, della fioritura di vocazioni. La consacrazione diverrà un motivo di più serio impegno nella pratica delle virtù, una difesa contro i mali che ci minacciano e una sorgente di prosperità anche temporale».
L’«atto» è una preghiera al «Signore nostro Gesù Cristo»: «Vescovi di un Paese da voi prediletto e predestinato a essere sede del vostro vicario in terra, solleciti del bene spirituale e materiale del nostro popolo, desiderosi che sulla nostra Patria e sul mondo risplenda un arcobaleno di speranza e pace, o Signore, deponiamo nel cuore della Madre i voti più ardenti per la diletta Nazione italiana: la sua prosperità nella pace, nella giustizia, nella libertà, nell’ordine, nella concordia; la sua fedeltà alla religione che voi le avete dato; la sua integrità nella fede cattolica; la sua santità nei costumi; l’unione dei suoi figli in una fraterna carità». Il gesto ha avuto una notevole importanza spirituale, anche se oggi siamo lontani da una sensibilità religiosa di quel genere. Sessant’anni fa si realizzava così in terra siciliana il sogno maturato dal seme gettato a Torino 125 anni fa.
Pier Giuseppe Accornero