Dopo quello del 1894, Torino organizza e ospita, settant’anni fa, il XIV Congresso eucaristico nazionale (6-13 settembre 1953) su «L’Eucaristia nella società moderna». Il 15 agosto 1953 Pio XII, con la lettera «Quinto jam espleto», annunzia al cardinale arcivescovo di Torino Maurilio Fossati la celebrazione del Congresso per commemorare il V centenario del miracolo di Torino (1453-1953).
La sera del 6 giugno 1453 l’Ostia consacrata, rubata nella chiesa di Exilles in Valle di Susa e portata a Torino dai ladri a dorso di mulo, si innalza nel cielo. Il vescovo Ludovico di Romagnano accorre, elevando il calice e ripetendo l’invocazione dei discepoli di Emmaus: «Resta con noi Signore». Secondo i resoconti dell’epoca, il mulo si ferma davanti alla Chiesa di San Silvestro a Torino e «qui se gittò a terra e furono disligate le balle per voluntà di Dio senza adiuto humano e usì fori il vero Corpus Domini». Rimane sospeso in aria e, arrivato il vescovo «rimase il Corpus Domini in laere [sic] cum grandi raggi risplendenti». Il miracolo è ricordato dalla splendida chiesa Corpus Domini.
Organizzato dal prete giornalista Jose Cottino, dal prete artista Luigi Monetti e da mons. Francesco Bottino, vescovo ausiliare e parroco dell’Annunziata, al fondo di piazza Vittorio c’è l’altare monumentale, disegnato dal prete-artista Adolfo Barberis, con sullo sfondo la Gran Madre di Dio, il Monte dei Cappuccini, la collina torinese. Sotto i portici lungo via Po i sacerdoti raccolgono le confessioni.
Il Congresso 1953 pose attenzione alle esigenze «di episcopato e clero piemontesi, pastoralmente preoccupato dell’evangelizzazione di una delle regioni maggiormente industrializzate», soprattutto con la Fiat e l’indotto.
Preceduto dalla Giornata nazionale di preparazione (domenica 14 giugno) e da un triduo di preparazione nelle parrocchie torinesi, il Congresso inizia domenica 6 settembre. Ciò che lo connota è la scelta di dedicare ogni giornata ad alcune categorie: religiose, donne specialmente le mamme, gioventù femminile, fanciulli, clero, ammalati, soldati, carcerati, lavoratori. Nel pomeriggio del 12 settembre giungono 1.500 operai partiti da Roma con 30 pullman che scortano l’autocappella con il Santissimo Sacramento. Il cardinale arcivescovo di Genova Giuseppe Siri li accoglie: «Benvenuti finalmente, lavoratori di tutta l’Italia! Sui gradini dell’altare e del trono di Dio ci state bene anche voi. La Chiesa vi ha atteso tanto tempo: benvenuti!». Messe vengono celebrate nelle fabbriche: Fiat, Lancia, Wamar, Michelin.
A Torino dai diversi interventi emerge anche l’altra percezione della realtà, come già si capisce dal paternalistico saluto di Siri. Mons. Gilla Vincenzo Gremigni, vescovo di Novara, nel discorso d’apertura addita l’errore fondamentale del mondo moderno, l’allontanamento da Dio per raggiungere un’illusoria autonomia: «Denunziò senza veli di sorta – scrivono i giornali cattolici – lo Stato laico, che esclude la religione e i partiti che inducono «a un cieco materialismo assetato di voluttà e dedito a fuggevoli divertimenti». L’economista prof. Silvio Golzio stigmatizza l’atteggiamento negativo «che troppa parte della cultura contemporanea ha assunto di fronte alla vita spirituale e alla grazia». Il card. Schuster parlando agli operai Fiat, denuncia la manovra di chi «ha interesse a tenere gli uomini divisi, facendo sì che si dimentichino d’esser tutti fratelli»; e, parlando agli uomini di Azione Cattolica, dice di «umilmente riconoscere il prodigio divino che ha rinnovato sotto i nostri occhi l’Italia». Il presidente della Repubblica, il cuneese Luigi Einaudi, invia un messaggio e il presidente del Consiglio, il biellese Giuseppe Pella partecipa alla processione finale con il sindaco Amedeo Peyron.
Alla processione finale il 13 settembre 1953 partecipano 8 cardinali; 140 arcivescovi e vescovi, 4.000 sacerdoti e religiosi; oltre 700 mila persone. Partecipano San Giovanni XXIII-Angelo Giuseppe Roncalli, patriarca di Venezia; il beato Ildefonso Alfredo Schuster, cardinale arcivescovo di Milano, legato pontificio; i venerabili Adolfo Barberis fondatore del Famulato cristiano, Giovanni Battista Pinardi vescovo-parroco di San Secondo.
Pio XII nel messaggio radiofonico si mette sulla stessa lunghezza d’onda. Suggerisce una serie di definizioni: «Torino città del Santissimo Sacramento, che vide il celebre miracolo; custodisce come prezioso tesoro la Santa Sindone che mostra, a nostra commozione e conforto, l’immagine del corpo esanime e del divino volto affranto di Gesù. In essa fioriscono genuini frutti della devozione eucaristica, le opere insigni della carità e dell’apostolato, per cui Torino meritamente riscuote le lodi nella Chiesa. La vostra generosa città, santificata dalla dottrina e dallo zelo del grande vescovo San Massimo, sempre alacre lungo i secoli a egregie imprese per mantenere indenni le libertà civiche, e pronta ai più arditi progressi tecnici, attuati grazie alla industre operosità dei suoi figli, sanno contemperare in giusto equilibrio l’ardore per la tecnica ai superiori valori dello spirito, primi fra tutti, ai religiosi».
Pio XII sprona i torinesi a mantenere la fede degli avi: «Alla tradizione cristiana, educatrice incomparabile dei popoli, tenacemente rispettata dai vostri avi, si deve in gran parte la costante floridezza della vostra città e del Piemonte. Non c’è vero progresso, né è possibile l’incivilimento degli animi, ove sia bandita la religione, ridotta al silenzio la Chiesa, dissipati i tesori religiosi». Per il Papa che parla attraverso la radio, «l’odierno trionfo eucaristico del Piemonte religioso è anche un pubblico voto che Torino intende rimanere tra le perle della smagliante collana di città cattoliche. A chi, per la mente annebbiata da vieti pregiudizi, chiedesse: come mai la Torino moderna e con essa la progredita Italia ha tuttora in serbo trionfi da decretare alla religione? Cosa vogliono queste moltitudini che pregano nelle piazze dinanzi agli altari? voi sapreste prontamente rispondere: la moderna Torino e la progredita Italia non abiurano le loro tradizioni religiose perché sanno che da esse scaturì la loro alta civiltà; e noi tutti affermiamo la nostra sete di cielo; vogliamo dire al nostro Dio che lo amiamo e ai nostri fratelli che mutuamente ci amiamo; vogliamo impegnarci a operare con lena sempre maggiore nell’attuazione di ogni giustizia e di ogni vero progresso, ma soprattutto nella santificazione delle anime nostre ed altrui. Ciò che di vero, santo, eterno e divino la Chiesa ha operato nella sua bimillenaria vita, ha avuto origine, sviluppo, alimento nel mistero eucaristico». Si tratta del «prodigioso espandersi delle idee e delle istituzioni cristiane; del fiorire di santi e sante e delle istituzioni caritative, scolastiche, scientifiche e delle meravigliose conquiste missionarie. Torino si gloria dei nomi di Giovanni Bosco, Giuseppe Benedetto Cottolengo, Giuseppe Cafasso».