Dopo la seconda guerra mondiale l’ingerenza della gerarchia cattolica nella vita politica italiana è massiccia. La Chiesa replica all’accusa marxiana della «religione oppio dei popoli» e difende i cristiani dell’Est perseguitati dai comunisti. Settant’anni fa, il 12 luglio 1949, il Sant’Offizio pubblica il «decreto di scomunica dei comunisti»: ne condanna l’ideologia e scomunica i fedeli, «apostati dalla fede cattolica», che «professano il comunismo materialista e anticristiano» e ne fanno propaganda: non possono essere ammessi ai Sacramenti. Il decreto solleva polemiche e aizza la repressione di Stalin contro i cristiani.
LA PERSECUZIONE DEI CRISTIANI – Nel 1944 l’Armata Rossa invade l’Ucraina, deporta i cattolici, trasforma le chiese in granai. L’arcivescovo maggiore Josyf Slipyj nel 1946 è condannato ai lavori forzati ed esiliato in Siberia: i «gulag» non lo piegano. Nel 1963 è espulso, muore nel 1984 e l’Ucraina lo riabilita nel1991. In Jugoslavia l’arcivescovo di Zagabria Alojzije Viktor Stepinac nel 1946 è condannato ai lavori forzati per 16 anni e privato dei diritti politici e civili: figura controversa, è accusato di collusione con il regime ustascia; cardinale nel 1953, il regime gli vieta di recarsi a Roma, muore nel 1960 e dal 1998 è beato. József Mindszenty, cardinale arcivescovo di Ezstergom-Budapest e primate d’Ungheria, è arrestato nel 1919 dai comunisti, imprigionato dai nazisti nel 1944-45, ri-arrestato dai comunisti nel 1948: botte, droghe, torture non lo piegano. Condannato all’ergastolo nel 1949, sfinito, sottoscrive l’accusa con la sigla «CF, coactus feci, firmai costretto». Nella rivolta del 1956 i patrioti lo liberano e si rifugia nell’ambasciata statunitense, nel 1971 va a Roma, muore a Vienna nel ’75 e nel 2012 è riabilitato. Cecoslovacchi: il regime sopprime scuole e stampa cattoliche, sorveglia i preti, scioglie l’Azione Cattolica, preme per uno scisma, espelle l’incaricato d’affari vaticano, il torinese Giuseppe Vincenzo Burzio che in Slovacchia nel 1940-46, sotto l’occupazione nazista e il regime filonazista, salva decine di ebrei. Nel marzo 1949 i comunisti arrestano l’arcivescovo di Praga Josef Beran, eroe della Resistenza, liberato nel 1963.
ALBANIA: CINQUANT’ANNI DI BRUTALE DITTATURA DURA – Il despota Henver Hoxha abolisce diritti umani e libertà e proclama la Costituzione atea: «Lo Stato sostiene la propaganda atea per inculcare la visione scientifico-materialista del mondo». Un martirologio interminabile: 5 vescovi, 60 preti, 30 francescani, 13 gesuiti, 10 seminaristi, 8 suore, un numero elevato di laici. Dal 2016 sono beati 38 martiri. In Polonia il primate Stephan Wyszynski è arrestato nel 1953 e liberato nel ’56, per timore di una sollevazione popolare. L’elezione nell’ottobre 1978 del cardinale arcivescovo di Cracovia Karol Wojtyła-Giovanni Paolo II beffa gli agenti del KGB e i gerarchi comunisti. Situazioni analoghe in Bulgaria, Germania Est, Romania, Unione Sovietica. Il nazismo, che Adolf Hitler prevede millenario, dura 12 anni (1933-45); il fascismo 23 anni (1922-43, più la Repubblica sociale di Salò 1943-45); il comunismo in Unione Sovietica e in Europa 72 anni (1917-89), tuttora in Cina, Sud-Est asiatico, Corea del Nord.
LA CONDANNA DEL COMUNISMO NON È UNA NOVITÀ – Pio XI scrive: «Il comunismo è intrinsecamente perverso e non si può ammettere in nessun campo la collaborazione da parte di chiunque voglia salvare la civilizzazione cristiana» («Divini Redemptoris», 19 marzo 1937). Pio XlI condanna varie volte il marxismo, come nel radiomessaggio natalizio 1942. In Italia vescovi e Conferenze episcopali regionali condannano adesione e collaborazione con i comunisti: il 4 aprile 1944 i vescovi piemontesi invitano «a rifuggire dalla lotta di classe, a pensare ai tanti capipopolo che hanno cambiato gabbana abbandonando il popolo, a considerare le rovine ancora fumanti della Spagna dove il comunismo ha fatto i suoi crudeli esperimenti». Pio XII, persa la speranza di trovare qualche compromesso, spinge per la condanna dei partiti comunisti, anche perché crescono le preoccupazioni per le simpatie di alcuni preti operai per i partiti di sinistra.
NELLA GUERRA FREDDA E NELLA CORTINA DI FERRO – Il decreto rispecchia un momento sofferto, come mostra il commento del domenicano Mariano Cordovani, maestro dei Sacri Palazzi: «Queste sono sconfitte, non vittorie». Domande – «A questa Congregazione sono stati rivolti i quesiti: 1) se sia lecito iscriversi a partiti comunisti o dare appoggio; 2) se sia lecito pubblicare, diffondere o leggere libri, periodici, giornali, fogli che sostengono la dottrina e la prassi comuniste o collaborare con gli scritti; 3) se i fedeli, che compiono consapevolmente e liberamente questi atti, possano essere ammessi ai Sacramenti; 4) se i fedeli che professano la dottrina comunista, materialista e anticristiano, e che la difendono o se ne fanno propagandisti incorrano, ispo facto, come apostati dalla fede cattolica, nella scomunica». Risposte – «I padri il 28 giugno 1949, rispondono: 1) “Negativamente”: il comunismo è materialista e anticristiano; i dirigenti del comunismo, benché a parole dichiarino qualche volta di non combattere la religione, di fatto con la teoria e l’azione si dimostrano ostili a Dio, alla vera religione e alla Chiesa di Cristo; 2) “Negativamente”: perché libri, periodici, giornali e fogli sono proibiti dal Diritto Canonico; 3) “Negativamente”: si rifiutano i Sacramenti a coloro che non hanno le necessarie disposizioni; 4) “Affermativamente”. Il 30 giugno Pio XII approva la deliberazione e ordina che venga promulgata, 1° luglio 1949». Dichiarazione sul matrimonio dei comunisti: «Considerata la natura del matrimonio, i cui ministri sono i contraenti e nel quale il sacerdote esplica l’incarico di teste ufficiale, il sacerdote può assistere al matrimonio dei comunisti» (11 agosto 1949).
DURO COLPO PER I COMUNISTI DOPO LA SCONFITTA DEL 1948 – In Vaticano non tutti condividono la condanna: il pro-segretario di Stato Domenico Tardini è perplesso all’idea che di milioni di scomunicati»; il segretario di Stato cardinale Agostino Casaroli scrive che Pio XII «considerava suo gravissimo dovere mettere in guardia dalla minaccia comunista, ma la scomunica di rado produce conversioni». Giulio Andreotti rammenta che il primo ministro Alcide De Gasperi «non era favorevole alla decisione, pur considerandola in linea di principio giusta: temeva le polemiche che ne sarebbero derivate alla Chiesa e gli esiti più negativi che positivi». Don Primo Mazzolari scrive: «La Chiesa non mette fuori nessuno: dichiara le condizioni per rimanere. Se uno non le accetta, si mette fuori da sé. Non violenta le coscienze: ci invita a scegliere tra due posizioni antitetiche. Poiché la sostanza materialista e anticristiana del comunismo non è negata dai comunisti sinceri e onesti, il gesto della Chiesa, coraggioso e doloroso, chiude l’epoca dell’equivoco e mette cristiani e comunisti di fronte alle proprie responsabilità» («Adesso», 15 luglio 1949)
Dopo pochi anni la scomunica è dimenticata ma mai ufficialmente abrogata, come non sono abrogati l’«Indice dei libri proibiti» e il «Non expedit». Giovanni XXIII distingue tra errore ed «errante». Il Concilio Vaticano II rifiuta nuove condanne. Arriva la più temibile scristianizzazione e secolarizzazione.