I sotterranei dell’ex Villaggio Olimpico in via Giordano Bruno – occupato da centinaia di profughi e da altri immigrati senza tetto – erano già stati sgomberati in primavera, poi rioccupati fra le polemiche. Lunedì scorso le forze dell’ordine sono tornate a liberarli accompagnando fuori 58 persone. Diciotto sono state ricollocate in locali messi a disposizione dalla Diocesi di Torino.
Con l’intervento negli scantinati, a piccoli passi, prosegue lo svuotamento delle palazzine (una già evacuata) che il Comune di Torino sta cercando di liberare in stretta collaborazione con la Prefettura, la Questura, la Diocesi, la Regione Piemonte e la Compagnia di San Paolo. Il metodo della concertazione – che cerca di evitare le prove di forza, cerca di ricollocare gli stranieri caso per caso – sta funzionando. Non è un metodo immune da insuccessi (molto comprensibile la protesta del quartiere quando i sotterranei vennero nuovamente occupati), ma sta lentamente sciogliendo i nodi dell’inclusione, senza incidenti, per centinaia di persone sospese nel limbo dell’ex Moi e per la popolazione del quartiere, che se ne lamenta da dieci anni.
La Chiesa torinese è in prima linea. Lunedì scorso ha aperto le porte a 18 persone allontanate dagli scantinati di via Giordano Bruno: 15 sono da oggi ospitate nelle palazzine della vecchia Città dei Ragazzi in collina, 3 in Arcivescovado. Da quando è iniziata la liberazione dell’ex Moi la Diocesi ha complessivamente messo a disposizione 71 posti letto. Sta operando per attivare percorsi di formazione e avviamento al lavoro.
Negli scantinati dell’ex Moi era tornata a vivere una sessantina di persone, profughi, ma anche alcune famiglie italiane in difficoltà. Risulta che le operazioni si siano svolte senza particolari tensioni. Solo un uomo ha tentato di opporre resistenza, ed è stato portato via di peso dagli agenti di polizia. Erano sul posto le forze di polizia in assetto antisommossa, ma anche ambulanze e personale della Croce Rossa che ha fornito assistenza primaria.