«Il Sinodo? Un bell’ambiente, un bel clima, tutti sono molto alla mano, affabili. Si lavora bene. Si respira aria di Chiesa, del mondo intero: parliamo la stessa lingua, ci sentiamo a casa pur rappresentando diocesi di 9 paesi diversi: portiamo le preoccupazioni dei nostri popoli, che aspettano risposte chiare da questa assemblea».

Sono parole di mons. Adelio Pasqualotto, giuseppino del Murialdo, vescovo del vicariato Apostolico del Napo nell’Ecuador amazzonico, dal 1922 affidato dalla Santa Sede alle cure pastorali della congregazione di San Giuseppe. Dei 184 padri sinodali che prendono parte al Sinodo dell’Amazzonia altri due Vescovi con mons. Pasqualotto appartengono alla congregazione fondata dal santo sociale torinese: mons. Irineu Roman, Vescovo ausiliare di Belém do Pará in Brasile e mons. Celmo Lazzari, vicario Apostolico di San Miguel de Sucumbíos, Ecuador, che abbiamo intervistato lo scorso settembre alla vigilia dell’assise (www.vocetempo.it/amazzonia-mons-lazzari-i-popoli-indigeni-veri-custodi-della-natura).
Mons. Pasqualotto e mons. Lazzari in questi giorni di lavori sinodali hanno inviato al superiore generale della loro Congregazione, don Tullio Locatelli in visita alle comunità giuseppine in Brasile, alla famiglia murialdina e al nostro giornale alcune impressioni e appunti sull’assemblea sinodale. Mons. Adelio Pasqualotto, classe 1950, originario della provincia di Vicenza, sacerdote dal 1978, dall’inizio del 2015 è stato nominato da Papa Francesco Vescovo del vicariato apostolico del Napo. Dal 1991 è stato inviato missionario nelle opere giuseppine messicane tra cui Città del Messico, dove è stato parroco per un decennio, fino a diventare vicario della Provincia. Poi il trasferimento nel 2013 nel vicariato del Napo che prende il nome dell’affluente ecuadoriano del Rio delle Amazzoni, nell’Ecuador centrale, un territorio vasto come la Lombardia che si estende dalle Ande alla foresta equatoriale, con 140 mila abitanti, per l’80 per indigeni, 22 parrocchie sparse in 551 villaggi indigeni alcuni remoti, meno di 30 sacerdoti (la maggior parte missionari giuseppini) di cui 11 ecuadoriani, 6 congregazioni religiose femminili e un monastero di clausura.
«Il nostro vicariato» ci racconta mons. Pasqualotto «è ben rappresentato in assemblea: con me sono giunti a Roma il catechista César Tanguila, rappresentante della Repam (la rete ecclesiale panmmazzonica) e presidente del Sicnie, l’organismo che cura la formazione dei catechisti della pastorale indigena e Gloria Grefa, cronista di lingua quichua (uno degli idiomi delle popolazioni indigene dell’Amazzionia) della radio Voz del Napo, l’emittente del nostro vicariato che diffonde trasmissioni di intrattenimento, formazione, la Messa, la preghiera del Rosario e la catechesi anche nei villaggi più remoti del nostro territorio. E il 14 ottobre scorso, in una pausa dei lavori sinodali il Papa ci ha fatto un grandissimo regalo: si è fatto intervistare dalla nostra Gloria e la sua voce, le sue parole per noi saranno diffuse nelle nostre parrocchie, nei nostri villaggi nella foresta: pensate che commozione per la nostra gente, il Papa che parla a noi».
Mons. Pasqualotto sottolinea come la presenza di Francesco abbia colpito tutta l’assemblea, e in particolare i rappresentanti delle popolazioni originarie per la cordialità e la vicinanza con tutti: «Il Papa sta con noi, è sempre presente, ascolta, prende appunti, chiede il permesso di poter intervenire in aula, chiede scusa se interviene per due giorni di seguito. E poi è disponibile a fare le foto con le delegazioni, accetta i selfie, i regali che arrivano da lontano confezionati dalla nostra gente, si mette in fila per prendere il caffè. La nostra Gloria, ad esempio, gli ha donato un copricapo tipico delle nostre genti e io gli ho consegnato il messaggio dell’Anno giubilare murialdino che la nostra congregazione e la nostra famiglia sta celebrando. Il Papa ascolta, usa la stessa cartellina che abbiamo tutti noi. Segni che non passano inosservati. Giovedì scorso si è riunito con i leaders indigeni convocati al Sinodo e ha coordinato personalmente la riunione: interviene, suggerisce, prega con noi. È una presenza davvero arricchente, al di là delle nostre aspettative».
Il Vescovo sottolinea come siano stati momenti forti la Messa inaugurale del Sinodo domenica 6 ottobre, e poi, l’indomani, la processione di inizio con la canoa del fiume delle Amazzoni, il mezzo di trasporto più usato anche dai missionari per raggiungere i villaggi più remoti. E poi domenica 13 ottobre la Messa di canonizzazione dei nuovi santi, domenica 20 la Giornata mondiale delle missioni. «Attendiamo domenica la Messa di chiusura del Sinodo: sono momenti di Chiesa universale che ci fanno bene» aggiunge mons. Pasqualotto «che ci fanno sentire che non siamo soli ad affrontare i nostri problemi. I temi che stiamo affrontando con schiettezza, senza nascondere i problemi sono tanti: l’ecologia integrale, il rispetto della madre terra, i diritti umani calpestati, le minacce ai leaders che difendono la natura, i diritti dei popoli indigeni, l’inquinamento provocato dall’estrazione mineraria selvaggia delle multinazionali, lo scempio e la distruzione dell’Amazzonia, i missionari e le missionarie martiri, la situazione della donna, la necessità di cambiare stile di vita, perché questo non è più sostenibile. E soprattutto – e questo è il messaggio delle nostre popolazioni al Sinodo, il desiderio di una vita più semplice. Gli indigeni invitati dal Papa che sono intervenuti in assemblea hanno parlato con emozione ma senza mezzi termini: sono abituati a non avere peli sulla lingua. Sono molto riconoscenti per il lavoro svolto dai missionari e dalla Chiesa, ma chiedono più spazio e attenzione».
L’intervento di mons. Pasqualotto al Sinodo si è concentrato sulla necessità di una Chiesa più ministeriale, sulla presenza indispensabile della donna nella chiesa Amazzonica custode della vita ed educatrice alla fede, sulla difficile situazione di vita della sua missione dove nessuna parrocchia può usufruire di acqua potabile a causa dei rii inquinati dall’industria estrattiva e del petrolio con tutte le difficoltà che ne conseguono per la vita e la salute della popolazione.
«Il movimento di giovani scatenato da Greta Tumberg» riflette mons.Pasqualotto «è riuscito a dare uno scossone ai grandi del pianeta perché denuncia la cecità e la sordità di un mondo distratto da vari interessi economici. La questione del clima è preoccupante: da più di due anni noi Vescovi e la Repam abbiamo consultato 87 mila persone per preparare l’Instrumentum laboris del Sinodo, un lavoro prezioso di ascolto sistematico e di sensibilizzazione nelle comunità e nei villaggi. Abbiamo convocato assemblee, abbiamo cercato di denunciare le ingiustizie: ma da noi non arrivano i potenti mezzi di comunicazione dell’Occidente e il Sinodo è un’ occasione unica per far sentire la voce della nostra gente per questo ringraziamo il Papa».
I lavori non sono ancora conclusi ma mons. Pasqualotto è convinto che questo Sinodo abbia già messo l’accento da più parti sulla necessità di una Chiesa più samaritana, più ministeriale, più attenta a servire e accompagnare le popolazioni originarie perché possano vivere una vita più dignitosa. «E senza dubbio la nostra gente ci sarà riconoscente perché in questo momento storico la Chiesa è l’unica istituzione che accompagna i popoli indigeni e ascolta le loro pene e richieste. I governi e i potenti della terra sono sordi o non sono risposti a riconoscere i loro diritti e quelli del territorio in cui vivono. Se non lo facciamo noi lo farà al nostro posto?»