L’asilo San Giorgio di Maaloula, distrutto in Siria nel 2013, durante l’occupazione del gruppo terroristico Jabat Al Nousra legato ad al-Qaeda, verrà ricostruito grazie al contributo della Regione Piemonte e tornerà ad ospitare bambini e bambine di tutte le confessioni religiose. Un gesto concreto di pace e solidarietà per aiutare le prime vittime del terrorismo e portare speranza a tutta la popolazione.
Il Progetto, sostenuto dall’Assessorato alla Cooperazione internazionale della Regione Piemonte, sarà realizzato dalla Fondazione Hope, in partnership locale con il Patriarcato della Chiesa greco-melchita cattolica di Antiochia, impegnato da anni per ricucire il tessuto sociale danneggiato a causa della guerra. Un conflitto che in dieci anni ha provocato 380 mila morti e causato oltre 11 milioni di profughi, il numero più alto dalla Seconda guerra mondiale, con più della metà della popolazione costretta a spostarsi all’interno del Paese (6 milioni) o a fuggire oltre frontiera (5,5 milioni). I siriani oggi costituiscono il gruppo di rifugiati più grande al mondo. E la maggior parte di loro ha un solo desiderio: rientrare a casa.
L’iniziativa tocca uno dei luoghi teatro di un terribile massacro: il villaggio di Maaloula, a 40 chilometri a Nord di Damasco, per anni considerato un modello riuscito di convivenza. Un’enclave dove ancora si parla l’aramaico, la lingua di Gesù. Nel 2013 si contavano 8 mila abitanti, oggi sono tornati nelle loro case circa 3 mila persone, mentre gli altri sono ancora sfollati. Patrimonio dell’Unesco e luogo simbolo della cristianità in Medio Oriente, la cittadina ospita i monasteri di Santa Tecla (abitato da monache ortodosse) e dei santi Sergio e Bacco (gestito dai sacerdoti greco-cattolici), da secoli meta di pellegrinaggio di cristiani e musulmani.
Il progetto sosterrà il ritorno alla normalità della popolazione colpita durante l’occupazione del gruppo jihadista Jabat al Nousra. «Il Piemonte sarà protagonista della ricostruzione di quella culla della cristianità così profondamente ferita dall’odio islamista», ha detto l’assessore alla Cooperazione Internazionale della Regione Piemonte Maurizio Marrone, «partendo dall’assistenza ai bambini che rappresentano la migliore garanzia per il futuro di questa Siria».
Grazie al progetto della Regione Piemonte ritorneranno a giocare in sicurezza oltre 50 bambini tra i 3 e i 6 anni, di tutte le confessioni presenti sul territorio. Saranno ristrutturate 4 aule dell’asilo San Giorgio in sostituzione di quelle andate distrutte nel 2013 e ancora inagibili. Questo permetterà ai bambini di stare insieme in un contesto sereno – molti vengono da situazioni di grave disagio familiare, tanto da non poter contribuire alle spese scolastiche – e ai genitori di svolgere il proprio lavoro in serenità, sapendo i propri figli in un ambiente sicuro. L’asilo, l’unico del villaggio, è stato fondato dalla Parrocchia di San Giorgio nel 1983 e da allora ha ospitato bambini sia delle comunità cristiane, che di quella musulmana. Chiuso nel 2013, è stato parzialmente riaperto nel 2016 e ad oggi funziona grazie alla presenza di tre educatori, due assistenti, un portinaio e un autista, che accompagna i bambini a scuola la mattina e li riaccompagna a casa il pomeriggio (l’asilo è aperto dalle 8 alle 14).
«Maaloula è un luogo simbolico per cristiani e musulmani, che ha rappresentato un modello riuscito di convivenza», ha ricordato Samaan Daoud, Desk Officer Medio Oriente di Hope. «L’attacco terroristico di Al Nousra ha rappresentato quindi non solo un attacco nei confronti della popolazione cristiana, ma soprattutto a quello stesso ‘modello’ faticosamente costruito e che oggi deve poter rinascere».
«Ripartire con la ricostruzione dell’asilo è per noi un primo passo importante per edificare nuovamente quel modello di convivenza», ha aggiunto Marcello De Angelis, Vice Presidente di Hope. «Questo sarà il primo mattone per ricostruire l’edificio della convivenza culturale e religiosa. L’asilo è il luogo dove rinasce e cresce la convivenza. Nel momento in cui i bambini vivono lo stesso luogo, la stessa comunità torna a riannodare i suoi legami e ricucire le sue ferite».