È scattato il piano del Comune di Torino (Assessorato al Welfare in collaborazione con l’Azienda Sanitaria Locale) per aiutare gli anziani che restano in città nel periodo dell’anno più caldo e afoso, quando i problemi di salute, che per molte persone si sommano a una condizione di solitudine, accrescono i disagi e rendono la vita di tutti i giorni più difficile. Il soccorso quotidiano è offerto attraverso il servizio telefonico «Aiuto Anziani», che risponde ai numeri 011.8123131 e 011.01133333 attivi 24 ore su 24 (la notte e nei giorni festivi risponde il centralino della Polizia municipale), e una «task force» di operatori che, in caso di bisogno, assicura assistenza a domicilio.
«Aiuto Anziani» funziona da vera e propria «sentinella telefonica»: attraverso il personale del call center raccoglie e segnala le situazioni più critiche alle strutture socio-assistenziali e a quelle sanitarie e, in collaborazione con associazioni di volontariato, assicura attività di accompagnamento per visite e terapie mediche, acquisti in negozi e supermercati, ritiro della pensione negli uffici postali, oppure dà una mano agli anziani soli mandandogli un volontario che fa loro la spesa, piccoli lavori domestici e, naturalmente, un po’ di compagnia.
Al servizio telefonico e all’impegno delle squadre di intervento a domicilio, si accompagna un’attività di costante monitoraggio per verificare lo stato di salute e quello psicologico: in sinergia con i distretti sanitari e i medici di medicina generale, per i torinesi ultrasessantacinquenni autosufficienti ma con fragilità sociale, in particolare per le persone sole segnalate dai servizi sociali, vengono attivate azioni di vigilanza e sostegno.
L’imponente sforzo estivo va a sommarsi al lavoro svolto tutto l’anno dai Servizi Sociali cittadini. Ma riesce a coprire tutte le necessità di una città che, su 860 mila residenti, conta 210 mila cittadini over 65 (un torinese su quattro)?
La risposta è purtroppo no, come ammette l’assessore al Welfare Jacopo Rosatelli. «Per quanto riguarda gli anziani non autosufficienti, occorre fare in modo di allargare la platea dei beneficiari di cure e assistenza domiciliari socio-sanitarie, oggi troppo piccola rispetto ai bisogni reali, condividendo spesa e progetti di cura e assistenza tra Comune e Asl. È indispensabile mantenere il livello e il volume di assistenza nella forma socio-sanitaria integrata evitando il rischio che le politiche per gli anziani vengano relegate solo all’assistenza».
Rosatelli lo spiega con un esempio concreto. «Un assistente che a casa di un anziano lo aiuta nelle faccende domestiche, gli prepara il pranzo e si occupa delle spesa non presta un servizio solamente assistenziale. Un ambiente pulito, un’alimentazione sana e un po’ di compagnia hanno effetti indubbi sulla salute e quindi hanno valenza anche sanitaria. Ecco, in quest’ottica è da vedere l’integrazione delle prestazioni che, non disgiunte l’una dall’altra, permette di offrire un servizio migliore razionalizzando l’impiego delle risorse, che ahimè sono sempre poche, e aumentare il numero delle persone che fruiscono del servizio. Questo l’approccio che bisogna consolidare per incrementare le risorse disponibile e aumentare la platea dei beneficiari».
Visti i crescenti numeri relativi alla Terza età, in ottica presente e futura andrà riservata sempre maggiore attenzione anche alla qualità della vita di coloro che, per loro fortuna, sono autosufficienti, non necessitano di particolare assistenza sanitaria e non rientrano nella categoria degli anziani fragili. Tra le diverse soluzioni che possono, almeno in parte, rispondere a questa esigenza rientrano i progetti di «Senior co-housing, che consistono – spiega Rosatelli – nella scelta di persone anziane, pienamente autosufficienti, di vivere condividendo con altre nello stesso palazzo spazi di vita e di ricreazione comuni, così da potersi aiutare a vicenda anche dal punto di vista economico».
Nella zona di Porta Palazzo è già previsto un investimento per la riqualificazione di un immobile da destinare ad housing sociale per anziani e un gruppo di donne, che hanno dato vita all’associazione Co-abitare, si sono già rivolte all’Amministrazione comunale chiedendo di essere aiutate a trovare soluzioni di questo tipo.
«È una forma di investimento – evidenzia l’assessore – che ritengo strategica in chiave futura, anche se non semplicissima da realizzare. Forse il numero delle persone disponibili a questo tipo di convivenza non è oggi ancora grande. Tuttavia non sono pochi in città coloro che non hanno famiglia nel senso tradizionale del termine, non hanno figli o se li hanno possono essere per vari motivi lontani, oppure hanno un reddito che non li fa rientrare nelle fasce di chi ha diritto a un sostegno economico. E – conclude Rosatelli – tra questi vi sono sicuramente persone che desiderano investire per tempo in una scelta di vita che li porti a un invecchiamento attivo e sereno».