Sorpresa a Torino, spuntano 3 mila posti nelle nuove Rsa

Anziani e malati non autosufficienti – Una trentina tra nuove strutture e ampliamenti di quelle esistenti per un totale di 3.399 posti letto, l’equivalente di due ospedali come le Molinette: incognita sui posti che la rete pubblica sarà in grado di pagare per 30 mila persone in attesa

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Una trentina tra nuove strutture e ampliamenti di quelle esistenti per un totale di 3.399 posti letto, l’equivalente di due ospedali grandi come le Molinette sparsi sul territorio della città. È la consistenza complessiva delle Residenze sanitarie assistenziali (Rsa) per pazienti non autosufficienti (colpiti da una serie di patologie invalidanti gravi, dalle demenze agli esiti di ictus o incidenti) autorizzate nel solo territorio torinese negli ultimi due anni dalla Regione Piemonte. Si tratta di presìdi in via di realizzazione o appena attivati, gestiti da operatori privati (spesso grandi gruppi italiani e internazionali del settore), che non di rado contano 200 posti letto: poco meno di quelli dell’ospedale Martini, ma con copertura sanitaria molto inferiore rispetto ad un nosocomio.

Nella mappa qui a fianco riportiamo per ogni struttura il numero dei posti «accreditabili», cioè quelli per i quali l’Azienda Sanitaria Locale «può» – ma non è detto che lo faccia – coprire la quota del 50% della retta. La restante parte del costo della degenza (1.500 euro al mese) è comunque a carico dell’utente, con un eventuale contributo comunale per i pazienti che non riescono a corrisponderla.

Fin qui la situazione di «sanità compartecipata», che espone comunque gli utenti ad un esborso annuo di 18 mila euro all’anno, visite e spese accessorie escluse, ma che avviene nel rispetto del diritto. I numeri, però, fotografano un’esclusione diffusissima dalla quota sanitaria pagata dall’Asl: non la ricevono 30 mila malati in Piemonte, oltre 9 mila solo a Torino. Per loro il ricovero in Rsa significa un esborso completamente privato di 3 mila euro al mese (36 mila all’anno); a casa le spese si aggirano intorno ai 2 mila euro. È vero che transitando dagli ospedali e facendo richiesta formale di continuità delle cure (opponendosi al rientro a domicilio) si ottiene la continuità della presa in carico, ma la negazione delle prestazioni è strutturale.

Anche perché «la complessità e le esigenze sanitarie dei pazienti sono aumentate a dismisura negli ultimi anni – dice Marco Peretti, direttore sanitario delle Rsa Annunziata e Frassati del Cottolengo – l’intensità assistenziale e il bisogno di cura dei nostri pazienti è paragonabile a quello di una lungodegenza ospedaliera». Con la differenza, sostanziale, che quando va bene costa al paziente la metà della degenza.

Al 31 dicembre 2018 risultavano essere attivi a Torino 3.570 posti Rsa totali, che raddoppieranno con i 3.400 nuovi autorizzati. In parallelo calano le prestazioni socio-sanitarie a domicilio (anche queste, almeno a Torino, nella formula di una parte corrisposta dall’Asl e l’altra da utente/Comune): meno 10% fisso ogni anno dal 2015. Sono le più richieste: a Torino le attendono oltre 6 mila pazienti, sugli oltre 9 mila esclusi dalle cure.

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