Suicidio Assistito? Le obiezioni di Promozione Sociale

Lettera – La Fondazione Promozione Sociale scrive a La Voce e il Tempo sul progetto di legge d’iniziativa popolare “Liberi Subito” per istituzionalizzare il suicidio assistito che l’Associazione Coscioni lunedì 28 agosto ha depositato, con la raccolta delle firme, in Consiglio Regionale del Piemonte

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Gentile Direttore,

il deposito al Consiglio Regionale del Piemonte del progetto di legge d’iniziativa popolare per istituzionalizzare il suicidio medicalmente assistito da parte dell’Associazione Coscioni (28 agosto) dovrebbe generare allarme sui destini delle persone – specialmente le più deboli – che sono già vittime di costante abbandono terapeutico da parte del Servizio Sanitario.

La sentenza della Corte costituzionale 242 del 2019, relativa al cosiddetto caso Dj-Fabo, ha sancito che non è punibile colui che aiuta un suicida consenziente, in determinate e circoscritte condizioni. La Corte non ha determinato – né può farlo – obblighi istituzionali verso lo Stato, le Regioni e le Aziende sanitarie. Ecco il perché della proposta di legge regionale che vuole rendere la pratica dell’aiuto al suicidio una prestazione obbligatoria delle Asl: «Le aziende sanitarie regionali – questo il passaggio centrale del testo depositato – forniscono [alla persona malata che faccia richiesta di suicidio medicalmente assistito] il supporto tecnico e farmacologico nonché l’assistenza medica per la preparazione all’autosomministrazione del farmaco autorizzato presso una struttura ospedaliera, l’hospice o, se richiesto, il proprio domicilio». I sostenitori del via libera all’eutanasia pretendono, in sostanza, che gli stessi enti pubblici che sono severissimi nel limare al minimo persino le prestazioni sanitarie obbligatorie di Livello essenziale (Lea), comprendano tra le loro attività anche il procurare la morte dei malati.

Appare semplicistico ricondurre la scelta della morte assistita a motivi di libertà assoluti, in presenza di un contesto di servizi sanitari che, per le carenze, le ingiustizie e le conseguenti sofferenze procurate, dà prova ogni giorno di non essere affatto luogo per scelte «libere», bensì teatro di decisioni pesantemente condizionate dalla disperazione e dall’abbandono. In Piemonte sono almeno 20-25 mila i malati cronici non autosufficienti cui sono state negate le cure residenziali o domiciliari e in tutta Italia 4 milioni di persone rinunciano alle cure per motivi di liste di attesa ed economici. Anziché curarli, il nostro Servizio sanitario proporrà loro la morte?

Maria Grazia BREDA, presidente della Fondazione Promozione Sociale

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