Carissimi/e, approfitto di questa finestra sulla vita che è «La voce e il tempo» per condividere alcune riflessioni di quello che si mescola tra mente e cuore in questo squarcio di storia drammatico e magnifico, direbbe san Paolo VI, che stiamo vivendo.
Stop alla guerra, non si senta più il boato delle armi, quante volte Papa Francesco l’ha detto, non perde occasione… questa guerra è un sacrilegio, tuona, eppure non si smettere di contare i morti e di avere davanti agli occhi scenari desolati, dove tutto è distrutto.
Io faccio parte di quelle generazioni europee che non hanno mai visto la guerra (sono nata nel 1968) e che speravano di non vederla così da vicino. A volte ho la sensazione di vivere una strana frenesia. La diplomazia tesse relazioni, l’Occidente conosce un tempo di unità, grazie a Dio, le sanzioni piovono come sciabolate, eppure niente serve a far tacere le armi. Non serve a niente contare i morti dicendo che molti sono bambini, a niente serve sperare che sotto le macerie ci sia qualche sopravvissuto, per indurre chi ha iniziato questa carneficina a decidersi a mettervi la parola «fine». L’orgoglio umano viene prima di tutto, sempre, in ogni epoca storica. Direbbe Qoeleth: cosà c’è di diverso perché tu possa dire questa è una novità? Qualcosa di diverso c’è, purtroppo, qui, ora, diversamente dal passato c’è in ballo il futuro della pace mondiale, non che le altre guerre non ci dicano nulla, anzi, forse ora le comprendiamo di più, ma sta di fatto che questa è vicina e si sta combattendo sul campo, sul terreno di una nazione libera e pacifica che sta subendo un’aggressione, in Europa.
Si ripete il vecchio schema dell’invasione: il ricordo va direttamente al meccanismo diabolico che ha scatenato la Seconda guerra mondiale, dove la Germania nazista inferse i primi ingiustificati colpi alla nazione polacca… Cosa è veramente cambiato? Si ripete lo schema dell’assedio e della presa per fame e sete: ne è pieno il primo Testamento, la storia antica… Possibile che questa lezione non la vogliamo imparare dalla vita? È una lezione troppo pesante forse, da ingurgitare, perché impararla significa anche mettere sotto i piedi l’egoismo, il narcisismo e la sete di potere. Davanti a questo scenario, si potrebbero fare molti commenti e trovare molte spiegazioni e ci sta… ma in realtà, come ogni guerra chi muore e chi combatte sono persone umane, spesso l’ultimo anello di una catena totalitarista che impone un assenso incondizionato, che gioca sull’idealismo degli adolescenti che si trasformano in carnefici nel nome di chissà quale grandezza.

E chi si difende? Legittimamente dice: «Questa è la mia patria, noi abbiamo un’identità da difendere, non potete cancellarci dalla storia con un colpo di spugna come fossimo linee tracciate con il gesso sopra una lavagna». Tra questi due poli sta la tensione del conflitto e chi spara e chi si difende sono persone umane a cui è rubata la dignità, il futuro. I poveri combattono contro altri poveri e si danno la morte a vicenda.
A questo punto mi chiedo, io che sono una monaca di 53 anni: cosa ci sto a fare su questo campo di battaglia dove ogni voce che grida «pace» non trova risposta? Forse che Dio ci respingerà per sempre, non sarà più benevolo con noi? È forse cessato per sempre il suo amore?
Questa guerra ci fa sentire, annusare da vicino il profumo di un Dio misterioso, di un Dio nascosto, come scrive il profeta Isaia. Perché dormi, Signore! Grida il salmo. Si è forse raccorciato il braccio del Signore? Quante domande emergono dal cuore, forse troppe e le risposte sono poche o nulle. Cosa ci dice, cosa mi dice la fede nel Cristo morto e risorto? Tante volte, in passato, parecchi predicatori ponevano una domanda di questo tipo: quale differenza passa per la tua vita sapere che Cristo è risorto? Guardandosi dentro, forse non molta. Ma oggi questa domanda è bene che la risentiamo, perché fa la differenza: se Cristo non è risorto, scrive Paolo, è vana la vostra fede! Se Cristo non è risorto, questa carneficina rimane senza nome e le macerie restano mute.

Quale il senso di tutto questo alla luce della fede pasquale? Ormai siamo entrati nella settimana di passione, ci avviciniamo alla Pasqua: Surrexit Domininus vere, alleluia! Canteremo nel Regina Coeli. «Cristo è veramente risorto!», con queste stesse o simili parole, lo canteranno anche i nostri fratelli ortodossi che ora si fronteggiano da nemici! Signore, dove sei? Sei incarnato nella sofferenza dei piccoli, dei poveri… ma anche questa risposta sembra non sufficiente per placare il dolore e lo sdegno. Eppure la Pasqua è un unico mistero di morte e di resurrezione. Gesù ha scelto di non opporre violenza a violenza, ha scelto di vivere l’ignominia umana, fino in fondo. Lui è morto perché non perisse la nazione intera, commentava il sommo sacerdote.
E i nostri fratelli e sorelle ucraine cosa possono fare per essere simili a Gesù, lasciarsi schiacciare dalla mano del violento senza opporre resistenza? Lottare per la loro libertà, come stanno facendo, seminando anch’essi morte come i loro nemici? Io non ho soluzione, penso che credere per me, ora, è la più grande sfida della mia vita e aspetto in silenzio davanti al Signore, mi metto una mano sulla bocca e dò credito a Dio che sa di cosa è fatto il cuore dell’uomo, sa che noi siamo polvere, un soffio che va e non ritorna, eppure prezioso e più grande delle stelle, più grande di ogni realtà creata, perché fatto a sua immagine e somiglianza, libero di volare o diventare schiavo del male lasciandosi incatenare e travolgere dalla spirale della morte.
Cristo è risorto, è questa è la nostra speranza, anzi, Cristo, nostra speranza, è risorto… La fede mi dice che sul crinale sul quale io e tutti noi stiamo camminando siamo sorretti dalla potente mano di Dio, che non si lascia vincere dalla violenza e ci offre, anche nelle situazioni più drammatiche, uno spiraglio ove possa insinuarsi il profumo della pace e invadere tutta la terra, come il profumo di nardo che Maria cosparse sui piedi di Gesù ungendolo in anticipo per la sua sepoltura… Ma l’unzione non è stata fatta a un cadavere, bensì a un vivo che ritornerà dai morti!
Suor Maria Lara Della Croce
Monastero cottolenghino «San Giuseppe» – Piccola Casa di Torino