Taizè a Torino il 21 aprile, tre monaci incontrano i giovani

Verso il Sinodo – Tre «frères», tre monaci provenienti dalla Comunità ecumenica di Taizè in Francia, incontrano i giovani torinesi sabato 21 aprile, animando con la testimonianza e la preghiera un’intensa giornata di preparazione al Sinodo dei giovani e al pellegrinaggio che la Pastorale giovanile della diocesi guiderà l’11 e il 12 agosto prossimi a Roma. GALLERY

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La preghiera con i frères di Taizè nella chiesa di San Domenico a Torino (foto Bussio)

Tre «frères», tre monaci provenienti dalla Comunità ecumenica di Taizè in Francia, incontrano i giovani torinesi sabato 21 aprile, animando con la testimonianza e la preghiera una intensa giornata di preparazione al Sinodo dei  giovani e al pellegrinaggio che la Pastorale giovanile di Torino guiderà l’11 e il 12 agosto prossimi a Roma.

“Servire nella gioia” è il tema della giornata che si apre alle 10.30 nella chiesa di San Domenico con la preghiera e incontri biblici insieme ai monaci della comunità francese per ragazzi, giovani e adulti. Il pomeriggio proseguirà con undici workshop dedicati ad esperienze spirituali, artistiche e solidali della città. Dopo la cena comune l’incontro si chiuderà con una grande preghiera ecumenica in Duomo, con la partecipazione dell’Arcivescovo Cesare Nosiglia e di alcuni rappresentanti delle Chiese evangeliche ed ortodosse.

La giornata rappresenta un momento di preghiera ed una tappa del percorso che i giovani compiranno in preparazione al pellegrinaggio a Roma per l’incontro con Papa Francesco in vista del Sinodo dei giovani l’11 e il 12 agosto, preceduto il 10 agosto dalla venerazione della Sindone nella cattedrale di Torino.

Per iscriversi e ricevere informazioni: www.torinoincontrataize.it.

Locandina con il programma 

Di seguito pubblichiamo il saluto di benvenuto che l’Arcivescovo mons. Cesare Nosiglia ha rivolto la mattina del 22 aprile ai tre frères di Taizè nella chiesa di San Domenico a Torino:

“Sono lieto di dare il benvenuto, mio personale e della Chiesa di Torino, ai Frères di Taizé, che hanno accolto il nostro invito a venire a Torino per un incontro di riflessione e di preghiera insieme. Il tema del nostro incontro è particolarmente significativo: “Servire
nella gioia”.

Gesù nel vangelo ci dice che non è venuto nel mondo per essere servito, ma per servire e dare la sua vita per tutti gli uomini. E aggiunge che non ci chiama più servi, ma amici, perché ci rivela tutti i segreti che il Padre gli ha detto di rivelarci. Ai suoi discepoli, che litigavano tra loro per stabilire chi fosse il più grande, dice: «I grandi e potenti della terra si combattono l’un l’altro per esercitare il loro potere sugli altri; ma tra voi non sia così: chi vuole essere il primo si faccia ultimo e chi vuole prevalere sugli altri si faccia loro servitore» (cfr. Mc 10,42-44). Nell’Ultima cena, poi, si è cinto il grembiule e ha lavato i piedi ai suoi discepoli, dicendo loro: «Come ho fatto io, fate anche voi: lavatevi i piedi gli uni gli altri» (cfr. Gv 13,14-15). Infine, san Paolo apostolo ci ricorda che Gesù ha detto che c’è più gioia nel donare, che nel ricevere (cfr. At 20,35). Sono alcuni richiami che ci mostrano come la via del servizio sia fondamentale per seguire e imitare Gesù e partecipare al suo servizio più prezioso, che egli ha reso a tutta l’umanità: il suo sacrificio, quell’“Amore più grande” che ci ha mostrato donando la propria vita per noi peccatori. Da esso scaturisce per lui e per chi crede in lui la gioia più grande della risurrezione e della vittoria sul peccato e sulla morte per sempre.

Credo che in questo nostro tempo, nel quale domina l’individualismo di singoli e anche di gruppo, per cui si ricercano solo il proprio interesse e tornaconto a scapito anche del bene comune e degli altri, questo messaggio vada controcorrente, ma esalti la potenza di Dio, che proprio mediante il suo servizio libera e salva la nostra vita e quella degli altri. Gesù – ci dice san Paolo apostolo –, da ricco che era, si fece povero, da primo ultimo, e si è umiliato fino alla morte e alla morte di croce: per questo è stato esaltato e Dio gli ha dato un nome che è al di sopra di ogni altro nome, perché ogni ginocchio di
pieghi e riconosca in Lui il Salvatore e Signore (cfr. Fil 2,5-11).

“Servire nella gioia”, Evangelii gaudium: così titola la sua prima lettera apostolica Papa Francesco, che ci ha invitato ad accogliere nel Vangelo di Gesù la fonte della vera e perenne gioia per la nostra vita e per quella degli altri. Gli Atti degli apostoli, in questi giorni dopo Pasqua, ci hanno narrato l’episodio dell’apostolo Filippo, sceso in una città della Samaria a predicare il Cristo: le folle unanimi lo ascoltavano, sentendolo parlare e vedendo i segni che egli compiva. E vi fu grande gioia in quella città. Anche l’apostolo Paolo diceva ai suoi cristiani: «Rallegratevi sempre, ve lo ripeto, rallegratevi e la vostra gioia sia nota a tutti gli uomini» (cfr. Fil 4,4). Sì, il Vangelo accolto e vissuto porta la vera gioia nel cuore.

Cari amici, vi auguro di sperimentare oggi, nell’incontro che faremo con i Frères e questa sera nella preghiera in Cattedrale, la gioia di stare insieme nella preghiera, arricchendoci dei doni di grazia di cui ciascuno è portatore, per l’amore che Dio ci ha abbondantemente donato e ci dona ogni giorno, malgrado le nostre debolezze e peccati. È uno stare insieme che ci assicura la viva presenza del Signore tra noi, come egli ci ha promesso: «Dove sono due o tre riuniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro» (cfr. Mt 18,20). È la sua presenza di risorto e vivente che noi sperimentiamo ogni volta che nel suo nome ci incontriamo fraternamente uniti dalla stessa fede e dallo stesso amore per Lui. Desidero terminare questo saluto con un episodio della mia vita, che mi ha confermato la forza sconvolgente del Vangelo. In un villaggio del Cameroun, ho celebrato la Messa per un gruppo di cristiani, in un viaggio nelle missioni; una donna ha pregato così: «Ringrazio i missionari, che sono venuti tra noi e ci hanno portato il Vangelo che ci ha rimessi in piedi». I missionari avevano dotato il villaggio di pozzi per l’acqua, indispensabile nei tempi lunghi di siccità; avevano costruito le scuole per i ragazzi, l’ambulatorio medico per le esigenze sanitarie, una scuola agraria per adulti, così da insegnare a utilizzare bene il terreno da seminare… ma questa donna non aveva detto niente di tutto ciò. Aveva incentrato la sua preghiera di ringraziamento sul fatto che i missionari avevano portato il Vangelo di Gesù Cristo, che era come la fonte di tutte queste opere, pure necessarie, il Vangelo come vera rivoluzione pacifica, che aveva permesso di risorgere a una speranza e vita nuova e a un futuro migliore”.
+Cesare Nosiglia
Arcivescovo di Torino

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