Nella Cattedrale-abbazia di Canterbury, fondata nel 597, avviene un aspro scontro fra Thomas Becket, lord cancelliere, arcivescovo di Canterbury e primate d’Inghilterra, e re Enrico II d’Inghilterra.
Becket: «Io non tollero che un religioso venga imprigionato dai vostri soldati, che venga deferito a un tribunale civile, che venga ucciso dai soldati di lord Gilbert».
Enrico: «Tu non tolleri? Ma, dì un po’, ti prendi sul serio per arcivescovo?».
B.: «Io sono l’arcivescovo, maestà».
E.: «Per mia volontà! Sei forse impazzito? Tu sei cancelliere d’Inghilterra, mi appartieni».
B.: «Ma sono anche l’arcivescovo. Voi mi avete chiamato a questi doveri più profondi»
E.: «Una volta mi hai detto che non sapevi cosa fosse l’onore e io ti ho riso in faccia, e adesso vuoi tradirmi con la potenza che io ti ho dato».
B.: «Non cerco la potenza, maestà. È soltanto che finalmente ho scoperto un vero onore da difendere».
E.: «Quale onore? Quale onore più grande di quello del re?».
B.: «L’ onore di Dio».
Il dialogo è uno dei punti più elevati e drammatici del film «Becket e il suo re» di Peter Glenville (1964), magnificamente interpretato da Richard Burton (Becket) e Peter O’Tool (re Enrico) tratto dal dramma «Becket ou l’honneur de Dieu» (1959) del drammaturgo francese Jean Anouilh. Nel 1910 esce il film in bianco e nero «Becket o The Martyrdom of Thomas A. Becket, Archbishop of Canterbury» diretto da Charles Kent e nel 1923 il film «Becket» diretto da George Ridgwell. Thomas Stearns Eliot scrive il suo dramma-capolavoro «Assassinio nella cattedrale» (1935). Il 29 dicembre di quest’anno cade l’850° del martirio di Thomas Becket (1170-29 dicembre-2020): l’arcivescovo-cancelliere fatto assassinare dal sovrano.
All’inizio dell’XI secolo l’Inghilterra è dominata dai Sassoni, minacciata dai re tedeschi e dagli eserciti danesi. Nel 1154 Enrico II Plantageneto assume il trono d’Inghilterra, di Normandia e di parte della Francia. Uomo attivissimo e non privo di cultura, valente soldato, è attento soprattutto agli interessi del regno. Nel 1159 impone ai baroni un tributo; nel 1164 fissa i rapporti tra Stato e Chiesa, codificando i poteri del re e gli obblighi del clero: chiese e monasteri diventano feudi reali, vescovi e abati sono soggetti a oneri fiscali. Qui si inserisce la storia del cavaliere Thomas Becket. Nasce a Londra il 21 dicembre 1118 da una famiglia borghese e benestante, figlio del mercante Gilbert Becket di Thierville e di Matilda di Mondeville. Avviato alla carriera ecclesiastica, dopo gli studi a Merton e a Parigi, entra al servizio di Teobaldo di Beck, arcivescovo di Canterbury che intuisce la sua grande intelligenza; gli fa studiare Diritto Canonico a Auxerre in Francia e a Bologna, una delle prime università europee; e lo invia in diverse missioni a Roma.
Nel 1154 diventa arcidiacono di Canterbury ed è nominato cancelliere del Regno da Enrico II: sostiene l’azione riformatrice del sovrano che limita il potere dei feudatari per trasferirlo alla corona. Nel 1161 muore l’arcivescovo Teobaldo e re Enrico propone Thomas come successore. Il nuovo arcivescovo di Canterbury inizia a prendere le difese della Chiesa, dei vescovi e del clero, ed entra così in conflitto con il sovrano. Fornito dalla natura di doti eccezionali, il famoso scrittore inglese Ken Follet in «I pilastri della terra» lo descrive «alto, snello, molto bello, con la fronte ampia, gli occhi luminosi, la carnagione chiara e i capelli scuri. Doveva esser sui 50-51 anni. Aveva un’espressione vivace e serena. Era un uomo molto attraente e questo spiega in parte la sua folgorante ascesa alle più umili origini». Enrico il 30 gennaio 1164 emana le «Costituzioni di Clarendon» che limitano i privilegi ecclesiastici; controllano il potere della Chiesa; bloccano l’autorità del Papa in Inghilterra.
Thomas si oppone «Nel nome di Dio onnipotente, non porrò il mio sigillo». A causa dello scontro e delle incomprensioni, Becket va in esilio in Francia, accolto calorosamente da Luigi VII, nemico di Enrico II. Dopo sei anni, torna imprudentemente in Inghilterra. Un giorno il re nella sala da pranzo della reggia si sfoga con i baroni: «Nessuno mi libererà da questo prete maneggione?». Non è un vero e proprio ordine ma i dignitari lo interpretano come tale e passano all’azione. Il 29 dicembre 1170 Becket è assassinato con la spada da quattro cavalieri di Enrico II mentre prega nella Cattedrale di Canterbury. Il suo assassinio colpisce molto l’opinione pubblica europea e attorno a lui si sviluppa rapidamente un culto che porta Papa Alessandro III a canonizzarlo il 21 febbraio 1173. Thomas Becket diventa simbolo della resistenza cattolica all’assolutismo di Enrico II che, per evitare ulteriori ribellioni, fa pubblica penitenza. La Cattedrale è meta di sempre nuovi pellegrinaggi e ispira «I racconti di Canterbury» di Geoffrey Chaucer nel XIV secolo.
Quattro secoli dopo, nel 1532 Enrico VIII (1491-1547) proclama lo scisma da Roma, fa distruggere la tomba di Becket e disperdere le sue ossa. Si salva la tunica insanguinata, da secoli conservata a Roma in Santa Maria Maggiore. Vittime del nuovo assolutismo reale sono John Fisher (1469-1535) – arcivescovo e cardinale, fatto decapitare con l’accusa di lesa maestà da Enrico VIII per l’opposizione all’annullamento del matrimonio con Caterina d’Aragona – e Thomas More (1478-1535), umanista e lord cancelliere di Enrico VIII che lo fa uccidere nella Torre di Londra. Fisher e More sono canonizzati da Pio XI nel 1935. Dal dramma di Thomas More il regista Fred Zinnemann trae il capolavoro «Un uomo per tutte le stagioni» (1966) interpretato da Paul Scofield.