Praticamente ogni settimana parrocchiani e sacerdoti di Maria Regina della Pace nel cuore di Barriera di Milano, fra corso Giulio Cesare e corso Palermo, assistono a minacce in chiesa da parte di persone tossicodipendenti.
«A distanza di alcuni mesi dagli annunci dei Tavoli istituzionali su soluzioni in merito alla sicurezza la situazione non è per nulla migliorata», sottolinea il parroco don Stefano Votta, «dopo qualche settimana ‘gli interventi muscolari’ delle forze dell’ordine sono svaniti, al momento sono in corso indagini. Lo spaccio a cielo aperto continua ad ogni ora. Quasi tutti i giorni devo accompagnare fuori dalla chiesa persone che entrano con aria minacciosa, ma faccio il prete, non il buttafuori. Alla Regione ho chiesto un incontro con l’assessore alla sicurezza, mai ottenuto».
La comunità parrocchiale si è messa al lavoro per dare risposte strutturali al problema delle periferia nord che continua a sentirsi abbandonata: «in primo luogo», prosegue don Votta, «è necessario creare un senso di comunità fra le persone di diverse nazionalità, culture e religioni presenti nel quartiere: dobbiamo puntare su un’integrazione ‘vera’ con spazi di interazione e dialogo e vogliamo farlo a partire da chi ogni giorno bussa alla nostra porta per chiedere aiuto in modo che ciascuno si senta parte attiva del territorio e non solo fruitore di un servizio».
Ed ecco che alla Pace è arrivata «la mamma di quartiere», frutto del progetto «Comunità al lavoro» finanziato da Caritas Italiana con fondi Cei 8xmille grazie all’impegno della Caritas Diocesana di Torino. Si tratta di un’operatrice di origine magrebina che per 15 ore alla settimana avrà principalmente il compito di entrare in relazione in particolare con le donne straniere favorendo il servizio dei volontari della parrocchia, ma soprattutto il processo di integrazione.
La parrocchia accompagna 320 famiglie in difficoltà economica aumentate con la pandemia, la stragrande maggioranza di origine straniera.
«Fra i volontari del Centro Caritas», sottolinea il parroco, «c’è grande difficoltà ad entrare nel dinamismo delle relazioni familiari. È fondamentale creare un ponte in modo che queste famiglie si possano sentire parte integrante della comunità parrocchiale, anche se di fede diversa».
Houda, 36enne, sarà presente in parrocchia da martedì a venerdì in alcune ore del mattino e del pomeriggio principalmente a supporto del Centro Caritas come mediatrice culturale.

«Inoltre», prosegue il parroco, «grazie alla nuova risorsa, vorremmo creare un luogo di ascolto per le donne in cui possano parlare e confrontarsi, dalla cultura alla politica, uno spazio di vita comunitaria e sociale in modo che si sentano protagoniste del quartiere in cui vivono dove è certamente possibile vivere bene insieme».
«Il progetto ‘Comunità al lavoro’», spiega Ivan Andreis, responsabile del settore animazione e formazione di Caritas Diocesana, «è doppiamente virtuoso: in primo luogo ha l’obiettivo dell’inserimento lavorativo di persone in difficoltà economica che, grazie alle proprie competenze, possono essere da supporto prezioso a realtà ecclesiali che lavorano sul territorio, in particolare in quartieri segnati dal disagio sociale, nei servizi alle persone nella fragilità».
«L’inserimento di Houda è fondamentale», sottolinea Enzo Calvetto, responsabile del Centro Caritas della Pace, «lo abbiamo sperimentato in questi giorni: la sua presenza favorisce la conoscenza fra le donne straniere e la loro integrazione nella costruzione di una comunità viva. Offre un supporto al nostro impegno in modo che sia efficace a tutto campo».
«Non c’è solo bisogno di interventi sulla sicurezza che poi svaniscono», conclude don Votta, «ma di lavorare per la creazione di un territorio coeso. Auspichiamo dunque che su questo terreno si possano trovare risposte, che ancora mancano, anche da parte del Comune e della Regione».