L’Arcivescovo di Torino Cesare Nosiglia lunedì 7 maggio al Santo Volto ha presentato alla stampa i risultati di una ricerca promossa nell’ambito dell’Agorà del Sociale dall’economista Mauro Zangola, collaboratore dell’Ufficio di Pastorale Sociale e del Lavoro, per acquisire un’idea più precisa del maggior disagio e delle nuove fragilità prodotte dalla crisi sulla società piemontese e torinese, con un occhio di particolare riguardo alle condizioni di vita dei giovani senza lavoro. L’analisi ha preso in esame 3 indicatori: la disoccupazione; l’incidenza della povertà e le condizioni di vita delle famiglie e degli individui.
«Occorre un piano Marshall per il lavoro perché qui, come nel dopoguerra, c’è bisogno di rialzarsi in piedi, di dare fiducia alle nuove generazioni». ha detto l’Arcivescovo Nosiglia nel presentare la ricerca esternando così, ancora una volta, la «forte preoccupazione» per il declino della nostra città, dove la timida ripresa in corso non sembra sgombrare la densa cappa che soffoca Torino e il Piemonte soprattutto sul fronte della disoccupazione giovanile.

Il confronto tra i livelli della disoccupazione nella nostra area e quelli di altre aree con strutture economiche molo simili alle nostre ci vede fortemente penalizzati. In Piemonte il tasso di disoccupazione è 3 punti superiore a quello della Lombardia, del Veneto e dell’Emilia Romagna; quello giovanile è superiore di circa un terzo a quelli delle stesse aree. A Torino i divari nei tassi sono in alcuni casi più consistenti .
La ricerca fornisce uno spaccato del «Pianeta giovani» in provincia di Torino da cui emerge l’elevato numero di giovani tra i 15 e i 29 anni (84.645) accumunati quanto meno dalla difficoltà di realizzare «un normale progetto di vita». Per misurare l’incidenza della povertà sono stati utilizzati 3 parametri: la povertà assoluta; la povertà estrema e la grave deprivazione materiale.
L’Istat stima che in Italia (dati 2016) siano in condizione di povertà assoluta 1.619.000 famiglie, nelle quali vivono 4.742.000 persone. Nel Nord Italia le famiglie assolutamente povere risultano 609.000 (il 5% del totale; le persone coinvolte 1.832.000 (6,7%). Applicando al Piemonte e a Torino la stesse percentuali di incidenza della povertà stimate dall’Istat per il Nord Italia emerge che in Piemonte le famiglie povere sono poco più di 100 mila; poco meno del doppio di quelle residenti a Torino.
Prima della crisi le Regioni del Mezzogiorno erano quelle più toccate dalla povertà. Oggi il fenomeno interessa in misura crescente anche le altre macroregioni. Al Nord, negli ultimi 10 anni, i poveri assoluti sono cresciuti del 166% .
Negli anni antecedenti la crisi la categoria più svantaggiata era quella degli anziani. Da circa un lustro si sta assistendo ad un completo ribaltamento della situazione: sono i giovani e i giovanissimi a vivere la situazione più critica. In Italia oggi 1 giovane su 10 vive in una stato di povertà assoluta. Nel 2007 era solo 1 su 50. In soli dieci anni l’incidenza della povertà assoluta tra i 18-34enni è passata dall’1,9 al 10,4%; è diminuita, al contrario, tra gli over 65(dal 4,8 al 3,9%). Prendendo a riferimento le stesse percentuali di incidenza la ricerca ha stimato che i giovani piemontesi che vivono in situazioni particolarmente critiche sono 67 mila; i torinesi 35 mila.
Accanto al conteggio dei poveri «assoluti» l’indagine ha preso in esame le situazioni più estreme vissute, ad esempio, dalle persone senza fissa dimora. Nel 2014 in Piemonte erano 2.250, a Torino 1.729. Il 75% aveva meno di 54 anni; il 58% era straniero.
Le condizioni più estreme sono state rilevate anche da un indicatore che misura «la grave deprivazione materiale».
Nel 2015 i piemontesi che si trovavano in questa situazione erano 293 mila. Nell’arco di un decennio sono più che raddoppiati e i minori (con meno di 17 anni) sono cresciuti di 7 volte.
Negli ultimi anni Istituzioni italiane ed europee hanno posto attenzione su alcune nuove forme di disagio. La ricerca promossa dalla Diocesi di Torino si sofferma su due indicatori: il lavoratore povero e la condizione di povertà finanziaria.
Secondo il Rapporto sulla povertà lavorativa pubblicato dalla Commissione Europea lo scorso novembre, 1 lavoratore europeo su 10 poteva definirsi povero. Rientrano in questa categoria coloro che pur avendo un lavoro non riescono a conseguire un reddito sufficiente al sostentamento proprio e della propria famiglia. Secondo gli autori del Rapporto il diffondersi dei contratti di lavoro atipici ha comportato la crescita esponenziale del rischio di povertà relativa in molti stati; i lavoratori poveri devono affrontare problemi di benessere soggettivo e mentale, vivono più spesso di altri in abitazioni inappropriate alle loro esigenze e devono confrontarsi con una rete di relazioni povera e spesso poco solidale.
Nell’indagine sui bilanci delle famiglie, la Banca d’Italia introduce una nuova misura del disagio economico basata sulla ricchezza e sul reddito: le famiglie «finanziariamente povere». Appartiene a questa categoria la famiglia che, anche liquidando tutte le ricchezze in attività finanziarie immediatamente disponibili, non ha risorse sufficienti per fronteggiare brevi periodi di difficoltà economica ed evitare il rischio povertà per almeno tre mesi.
Nel 2016 si trovava in questa condizione di vulnerabilità il 44% della popolazione italiana: una quota decisamente superiore a quella registrata nel 2006 (24%), prima dell’avvio della crisi finanziaria globale.