LE PAROLE DELL’ARCIVESCOVO NOSIGLIA
«Sono lieto che la Diocesi di Torino possa accogliere due immigrati della nave «Diciotti» inviati dalla Cei. Arrivano questa sera,in un pullman con due volontari di Migrantes che li accompagnerà qui direttamente da Rocca di Papa.
Appena saputo dell’impegno preso dalla Cei, la sera di domenica 26 agosto, abbiamo preso contatto con la Segreteria Generale della Conferenza Episcopale offrendo la disponibilità della Diocesi di Torino ad accogliere da 10 a 15 immigrati della Diciotti. Abbiamo infatti ricevuto da diverse realtà della nostra città, comprese alcune parrocchie, una immediata risposta positiva ad accogliere questi nostri fratelli e sorelle. Ho anche invitato le Diocesi del Piemonte a farsi carico di qualche immigrato e diverse hanno aderito. Poi in tutta Italia è cresciuto il numero delle diocesi pronte ad accogliere: e questo è un bellissimo segnale. Così da 10-15 persone il numero per Torino è sceso a 2: sono giovani eritrei che saranno accolti dal Cottolengo.
Sono comunque contento della disponibilità dimostrata dalla città, che denota una forte sensibilità in atto nella nostra Diocesi, malgrado l’alto numero di immigrati e rifugiati che in questi anni abbiamo accolto e stiamo gestendo nelle nostre strutture. L’accoglienza di questi nostri fratelli e sorelle (come si fa anche per tanti poveri, senza dimora o in difficoltà per la casa, il lavoro o la salute) non si limiterà a offrire loro un alloggio ma li accompagnerà passo passo a ritrovare fiducia in se stessi e a inserirsi nella nostra società, con diritti e doveri propri di ogni persona e cittadino.
Lo sforzo di accoglienza che Torino con tante altre diocesi italiane sta compiendo, in collaborazione con famiglie religiose, istituzioni e associazioni laiche, è uno degli esempi più forti e importanti che possiamo offrire all’intera società del nostro Paese. Questo ritrovarsi e lavorare insieme su valori comuni di giustizia, solidarietà e amore è davvero una «foresta che cresce», anche se sappiamo che «fa più rumore un albero che cade»… Sì, sono certo e credo fermamente che il bene alla fine fa sempre breccia nel cuore di ogni persona e può innescare una emulazione, una «sfida di solidarietà» positiva e feconda di frutti per l’intera società.
Torino riconosciuta come città della Provvidenza, si è ancora una volta dimostrata all’altezza della sua fama e ha mostrato il suo vero volto. Mi auguro che tutti, credenti e laici, continuiamo su questa strada uniti e concordi».
L’ACCOGLIENZA DELLA CHIESA ITALIANA
Una quarantina le diocesi italiane che si sono offerte di accogliere 100 immigrati della nave «Diciotti». La disponibilità della Chiesa italiana, dell’Irlanda e dell’Albania ha sbloccato la situazione di stallo della «Diciotti», bloccata nel porto di Catania per dieci giorni in agosto dal ministro dell’Interno Matteo Salvini. Don Ivan Maffeis, sottosegretario della Cei e direttore dell’Ufficio comunicazioni sociali, spiega che nelle diocesi verranno seguiti i protocolli con progetti personalizzati a seconda delle situazioni: «Questa è una risposta di supplenza. Non è ‘la risposta’. La risposta di un Paese democratico matura attraverso ben altri processi. Ma anche risposte di solidarietà e di umanità come questa possono aiutare a sviluppare una cultura dell’accoglienza».
Perché la Cei ha scelto di accogliere i migranti? Risponde il portavoce: «È stata una scelta della presidenza Cei per uscire da una situazione di stallo. In una condizione umanitaria, sanitaria e igienica insostenibile, si è scelto di non andare avanti con comunicati e appelli ma di intervenire offrendo un’accoglienza concreta, fattiva e immediata».
C’è il rischio che i migranti siano usati come ricatto per smuovere l’Europa all’accoglienza? Risponde il sottosegretario: «La Chiesa è intervenuta proprio per sbloccare questa situazione. Il governo pretende, anche giustamente, il coinvolgimento dell’Europa per una redistribuzione dei migranti e per affrontare in maniera comunitaria un fenomeno di portata enorme. Per concordare una politica comunitaria sulle migrazioni non possiamo servirci di gente in fuga dalle guerre e dalle persecuzioni. Siamo davanti non a un’emergenza ma a un fenomeno enorme, una situazione con cui dobbiamo misurarci. E l’Europa non può essere una fortezza». Infatti il grande nodo da sciogliere è politico e si tratta della riforma del «Regolamento di Dublino».
Da tempo circa 26-28 mila persone sono accolte in 136 diocesi italiane su 220, il 60 per cento. Si tratta di strutture nate per altri scopi e trasformate per l’accoglienza. La maggior parte fa capo al sistema Cas (Centri di accoglienza straordinaria) e un 16 per cento è compreso nel sistema Sprar gestito dal Viminale con i Comuni. Sono sovvenzionati dallo Stato con 35 euro al giorno, in base al concetto di sussidiarietà dell’articolo 118 della Costituzione. Poi ci sono tremila immigrati accolti dalle parrocchie e 500 nelle famiglie.
L’intento della Cei è coinvolgere le diocesi che ancora mancano all’appello. Laddove ci sono carenze di risorse, si cercherà di provvedere con erogazioni compensative tratte dall’8 per mille, finanziamenti privati, offerte e risorse Caritas.
Per ampliare l’integrazione, la Chiesa confida anche sui «corridoi umanitari» in collaborazione con la Comunità Sant’Egidio e la Chiesa valdese.
Ma la vera partita, se possibile ancora più difficile, si gioca nel cuore dell’Europa. La Chiesa italiana mira a estendere il modello dell’accoglienza diffusa anche nelle diocesi europee a più forte tradizione cattolica. In base alle prime stime potrebbero essere creati per i migranti fino a 250 mila posti, tutti sovvenzionati con risorse ecclesiastiche. E a prescindere dallo status delle persone: richiedenti asilo o migranti economici sarebbero accolti tutti, senza distinzione.
Siamo invasi dagli immigrati? Assolutamente no. Non è il caso dell’Italia dove gli immigrati sono 5 milioni e 14 mila, su oltre 60 milioni di abitanti. In totale l’8,2 per cento della popolazione. In Italia ci sono 198 nazionalità e la presenza straniera è un fenomeno ormai strutturale. Quindi sono assolutamente infondati gli allarmi lanciati negli ultimi mesi.