È tornata la processione della Consolata

Lunedì 20 giugno – Dopo due anni di assenza a causa della pandemia è tornata la processione della Consolata nella festa della patrona della città e diocesi. Alle 11 la Concelebrazione presieduta dall’Arcivescovo mons. Roberto Repole che ricorda il 30° di ordinazione sacerdotale. GALLERY 

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foto Bussio

Dopo due anni di assenza a causa della pandemia torna la processione della Consolata la sera di lunedì 20 giugno, festa della patrona della città e diocesi.

Alle 6.30 Messa presieduta da padre Carmine Arice, superiore generale della Piccola Casa della Divina Provvidenza (Cottolengo) con la comunità parrocchiale di Sant’Agostino. Alle 8 Messa con il canonico Ferruccio Ceragioli, rettore del Seminano con i seminaristi e con i quattro novelli sacerdoti; alle 9.30 Messa presieduta dal vicario generale della diocesi mons. Valter Danna; alle 11 Concelebrazione presieduta da mons. Roberto Repole, Arcivescovo di Torino, che ricorda il 30° di ordinazione sacerdotale; alle 12 supplica; alle 12.30 Messa presieduta dal rettore mons. Giacomo Maria Martinacci; alle 16 Messa con i Missionari e le Missionarie della Consolata; alle 17.15 Rosario guidato; alle 18 Messa presieduta da mons. Cesare Nosiglia, Arcivescovo emerito. Alle 20.30 processione presieduta da mons. Repole e poi Messa celebrata da don Michele Viviani, rettore della basilica di Maria Ausiliatrice.

LOCANDINA

Da 150 anni fa il santuario della Consolata è curato dal clero diocesano, ricorda il rettore mons. Giacomo Maria Martinacci sul «Notiziario» della Consolata: «È subentrato alle comunità di religiosi che dal secolo X si sono susseguite all’ombra del millenario campanile romanico». Nel 1589 i Cistercensi Foglianti subentrano ai Benedettini, arrivati a Torino nel 926, sostituiti dai confratelli della prima osservanza nel 1816, e nel 1834 dagli Oblati di Maria Vergine fondati dal venerabile Pio Brunone Lanteri.

Il governo risorgimentale di Camillo Benso di Cavour ha altre mire. La legge («sovversiva») 878 del 29 maggio 1855 sopprime gli ordini religiosi. Poco religiosi questi liberali risorgimentali? Certamente, ma soprattutto affamati dei beni della Chiesa e dei religiosi, fame che colpisce indistintamente molti rivoluzionari o presunti tali, da Robespierre a Cavour, da Napoleone a Stalin, da Mao al dittatore nicaraguense Daniel Ortega. I risorgimentali, in nome della libertà, incamerano i beni della Chiesa e degli ordini religiosi e li rivendono ai privati per due soldi. Gli Oblati devono lasciare l’ex monastero e il santuario, sostituiti dai Francescani Minori Osservanti.

Nel 1871 subentrano i sacerdoti del clero diocesano e anche il Convitto Ecclesiastico, dall’edificio annesso alla chiesa di San Francesco d’Assisi – Convitto nel quale don Giuseppe Cafasso era il rettore e don Giovanni Bosco uno degli alunni più promettenti – si sposta alla Consolata. Primo rettore del santuario e del Convitto è il teologo Felice Golzio – ricorda mons. Martinacci – al quale nel 1873 subentra il teologo Bartolomeo Roetti, definito da tutti «cortese, umile, compassionevole ma anche consapevole del proprio dovere». Il suo rettorato celebra il 50° dell’incoronazione del quadro della Consolata. La processione del 20 giugno 1879 è turbata da un tentativo – non riuscito – di assalto alla statua della Madonna. Il triste fatto richiama alla mente ciò che era accaduto 18 settembre 1862: durante la processione votiva che, dalla Cattedrale, riportava in santuario la statua della Consolata, uno squilibrato era salito sul trono processionale e con una scure aveva percosso l’immagine del Bambino giungendo quasi a staccarla. L’indignazione popolare e Io spavento si erano tramutati in preghiera di riparazione per il gesto sacrilego».

Nel 1880 l’arcivescovo Lorenzo Gastaldi nomina rettore il giovanissimo Giuseppe Allamano che aveva ordinato nel 1873: tre anni dopo gli affida il delicato incarico di direttore spirituale nel Seminario Metropolitano: il teologo Allamano, non ancora trentenne, nell’ottobre 1880 inizia «il suo prezioso servizio che lo vide per quasi 46 anni nella casa della Madonna come servo devoto, mai in vetrina sempre attento a tutti e a tutto. I fatti dimostrarono che questa fu certamente una delle scelte più indovinate di quell’arcivescovo Gastaldi». Fonderà i Missionari e le Missionarie della Consolata.

Nel 1835 il «colera-morbus» colpisce Torino e il Piemonte e i torinesi ricorrono soprattutto alla Consolata: è sempre accaduto nei secoli bui di guerre e pestilenze, calamità naturali e tribolazioni private. Sulla piazzetta a fianco del santuario si erge la corinzia «Colonna del voto». Il primo contagiato, un barcaiolo, muore il 25 agosto 1835. Il maggior numero di vittime è nei borghi poveri e degradati, come il «Moschino» di Vanchiglia. L’arcivescovo invita la popolazione terrorizzata a confidare nella Sindone e nella Consolata. Autorità e popolo fanno un triduo al Corpus Domini; un secondo alla Consolata; un terzo a San Rocco. Il 30 agosto la Municipalità pronuncia il voto davanti all’arcivescovo per ottenere da Dio «la liberazione dal colera, o la diminuzione del male, o altro sollievo che fosse piaciuto a Dio di concedere alla città». A dicembre 1835 il contagio finisce. Il 28 maggio 1836 si pone la prima pietra della colonna votiva; il 20 giugno 1837, festa della Consolata, l’inaugurazione e la benedizione.

Un ruolo determinante svolge il marchese Carlo Tancredi Falletti di Barolo, membro della commissione nominata dal Consiglio comunale. Al Consiglio egli presenta un progetto che prevede preghiere e finanziamenti per il restauro di un edificio di culto e «per la creazione di un nuovo segnacolo di fede a scala urbana». Falletti spiega al Consiglio la proposta: restauro della Cappella delle Grazie alla Consolata; erezione nella piazza di una colonna di granito sormontata da una statua in marmo della Madonna. Carlo Tancredi «vi concorse anche con la somma di lire 35.000, ma la sua modestia e umiltà fecero in modo che l’opera risultasse frutto della collettività: come suo solito cercò di tenersi lontano dai ringraziamenti e dal clamore di chi avrebbe potuto rendergli un pubblico grazie». Alla base della colonna un’iscrizione latina ricorda l’evento ed è tradotta da Silvio Pellico: «Venne l’indica lue, tremenda apparve. Ma al cenno di Maria sedossi e sparve». Nel santuario il marchese finanzia anche la cancellata che divide il vano inferiore, l’antica chiesa di Sant’Andrea, da quello superiore.

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