La Chiesa avrà 9 nuovi beati e 5 venerabili, tra i quali Maria Teresa Camera, piemontese di Ovada (provincia di Alessandria e diocesi di Acqui Terme). Il 19 marzo 2019 Papa Francesco ha autorizzato la promulgazione dei decreti.
Tra i 9 nuovi beati ci sono 7 vescovi martiri sotto il regime comunista in Romania e il missionario italiano Alfredo Cremonesi ucciso in Birmania. I vescovi sono Valerio Traiano Frenţiu, Vasile Aftenie, Giovanni Suciu, Tito Livio Chinezu, Giovanni Bălan, Alessandro Rusu e Giulio Hossu, uccisi in odio alla fede in diverse città della Romania tra il 1950 e il 1970. Alfredo Cremonesi, sacerdote del Pontificio Istituto per le missioni estere, nato a Ripalta Guerina (Cremona) il 16 maggio 1902 e ucciso in odio alla fede nel villaggio di Donoku in Myanmar (ex Birmania) il 7 febbraio 1953. Infine c’è Maria Emilia Riquelme y Zayas, fondatrice della Congregazione delle Suore missionarie del Santissimo Sacramento e della Beata Maria Vergine Immacolata, nata il 5 agosto 1847 e morta il 10 dicembre 1940 a Granada (Spagna). Padre Cremonesi in Birmania, invitato a ritirarsi in un posto meno pericoloso, rimane con la sua gente pagando con la vita. Il martirio è il dono di Dio a un uomo che è già tutto consacrato a Dio: preghiera, mortificazioni, donazione totale al prossimo più povero e abbandonato, uomo che ha un concetto avanzato di missione, proiettato verso le tribù non cristiane per annunziare Cristo. Grande viaggiatore, percorre lunghe distanze, quasi sempre a piedi, fra guerriglieri e briganti, si adatta a vivere come i locali, con grande spirito di sacrificio
I 5 nuovi venerabili sono: Francesco Maria Di Francia, sacerdote diocesano, fondatore della Congregazione delle Suore Cappuccine del Sacro Cuore, nato a Messina il 19 febbraio 1853 e morto a Roccalumera (Messina) il 22 dicembre 1913; Maria Hueber, fondatrice della Congregazione delle Suore terziarie di San Francesco, nata il 22 maggio 1653 e morta il 31 luglio 1705 a Bressanone (allora Austria, oggi Italia); Maria Teresa Gabrieli, cofondatrice della Congregazione delle Suore delle Poverelle-Istituto Palazzolo, nata il 13 settembre 1837 e morta il 6 febbraio 1908 a Bergamo; Giovanna Francesca (Luisa) dello Spirito Santo Ferrari, fondatrice delle Suore Missionarie Francescane del Verbo Incarnato, nata a Reggio Emilia (Italia) il 14 settembre 1888 e morta a Fiesole (Firenze) il 21 dicembre 1984.
Maria Teresa Camera, fondatrice delle Figlie di Nostra Signora della Pietà, nata l’8 ottobre 1818 e morta il 24 marzo 1894 a Ovada (Alessandria). Nata a San Lorenzo d’Ovada – città natale di San Paolo della Croce, del quale subisce il fascino spirituale – da una famiglia che vive del lavoro in campagna: la povertà, la vita dura, le fatiche del lavoro nei campi, i sacrifici ne forgiano il carattere di donna coraggiosa e volitiva. Si distingue per la sua inclinazione alla vita spirituale. Nel 1849, dopo la morte della madre, si dedica alla cura a domicilio degli ammalati, all’assistenza dei moribondi e dei bisognosi. A lei si uniscono alcune giovani . Nasce in forma non ufficiale una nuova comunità detta delle Teresiane. Le donne vivono nell’ombra e nel silenzio; prestano servizio presso i piccoli ospedali; sono guardarobiere e cuoche nel Seminario di Acqui; visitano le famiglie povere; lavano i panni; accudiscono i bambini orfani di madre; curano gli ammalati, svolgono attività in parrocchia. Lavorano in un panificio come operaie e commesse per guadagnarsi da vivere e per comperare le medicine ai poveri che sono sempre al centro delle sue attenzioni. Nel 1889 il nuovo vescovo di Acqui mons. Giuseppe Marello – torinese di nascita, prete astigiano dove fonda gli Oblati di San Giuseppe, santo dal 2001 – si interessa all’opera di Maria Tersa e redige e promulga nel 1892 le costituzioni del nuovo Istituto delle Teresiane che diventeranno le Suore della Pietà. Il 24 marzo 1894, Sabato Santo, a 76 anni, Maria Teresa rimette nelle mani di Dio la vita spesa per tutti i «crocifissi». Lascia nel pianto i poveri e i derelitti di Ovada e le sue figlie a continuare la sua opera di madre amorosa. Alle cinque del pomeriggio, senza agonia, mormorando ancora una volta «Amatevi!», china il capo e si spegne.