Numeri, alla fine è sempre una questione di numeri. Per la vita di un programma che passa su una televisione generalista in chiaro, quella mainstream, oltre alla qualità (sembra banale scriverlo ma, purtroppo, non è sempre così), contano i numeri degli ascolti. Le cifre le fornisce l’Auditel, gli spettatori, lo share. Ecco qualche numero, allora, della prima serata di lunedì 27 gennaio: «La guerra è finita», la più recente fiction tv su Rai 1, 4,15 milioni di spettatori pari al 17,8% di share; «911», su Rai 2, 1,2 milioni di spettatori, 5,1% di share; «Presa diretta», su Rai 3, 1,157 milioni e 4,6%; «Quarta Repubblica», Rete 4, 1,316 milioni e 6,3%; «Grande Fratello Vip», su Canale 5, 3,348 milioni e 19,3% di share; «I mercenari 3» film con Sylvester Stallone su Italia 1, 1,535 milioni e 6,5%; «Propaganda Live – Speciale elezioni», su La7, 949 mila spettatori e 5,2%.
Per completare ed ampliare il quadro, bisogna aggiungere qualche numero di sabato 25 gennaio: «Meraviglie – La Penisola dei tesori», con Alberto Angela, su Rai 1, 3,677 milioni di spettatori e 17,2% di share; «C’è posta per te», con Maria De Filippi, su Canale 5, 5,766.000 milioni e 30,3% di share. Ancora, venerdì 24 gennaio: «Il cantante mascherato», il talent show condotto da Milly Carlucci su Rai 1, 3,788 milioni e 18,7% di share; «Grande Fratello Vip», 2,761 milioni di spettatori e 16,2% di share.
E qui ci fermiamo. Si potrebbe andare avanti ancora, ma il quadro, la sensazione, resterebbe invariata: salvo rari casi, la televisione è accesa come un qualsiasi altro elettrodomestico, o quasi come fosse una sorta di rumore di fondo. Si badi bene, di televisione generalista si sta parlando. Quella che fino a non molto tempo fa, ante rivoluzione del digitale, era anche l’unica televisione. Ora è diventata tv qualsiasi cosa: quella dei canali tematici, dei canali a pagamento, delle piattaforme dedicate e dello streaming visto anche sugli smartphone, la Rete… e via incrociando ed aggiungendo categorie tecniche e ulteriori definizioni. La tv, l’essere tv, si nasconde ormai nei dettagli, nei video sempre più brevi o nelle serie sempre più fidelizzanti.
Comunque, limitandosi alla generalista, questa televisione è sempre più una questione per gente matura quando non proprio anziana. La categoria dei «giovani», come la tv italiana la intende, considera i principali canali nostrani come flussi prevedibili, arroganti, troppo strutturati di programmi, perché illusi di imporre orari gusti e modi di fruizione. Le statistiche Auditel, elaborate dallo Studio Frasi per il periodo di più alta utenza (autunno-inverno), evidenziano un allontanamento dai canali classici (da Rai 1 alle emittenti regionali o a pagamento di Sky) verso altri lidi fatti di inafferrabili piattaforme straniere, video di pochi minuti o addirittura pochi secondi. Scorrendo altri dati che emergono da questa elaborazione, apprendiamo che il 65% degli italiani con più di 80 anni è sintonizzato in prima serata, ma soltanto il 18% degli adolescenti (-10 punti percentuali sul 2010/’11), il 20% dei ventenni (-4), il 26% di chi ha un’età compresa fra i 25 e i 34 anni (-7) e il 32% degli adulti fra 34 e 44 anni (-10).
Ecco che, allora, assumono tutta un’altra prospettiva le chiacchiere (il rumore di fondo) che puntuali anche quest’anno hanno anticipato il Festival di Sanremo: è certamente inutile agitarsi per acchiappare il pubblico giovane. Con cosa, poi? Con gli esponenti, i cosiddetti «artisti» della trap e del rap (inutile citare i singoli nomi). Si dirà: l’arte (musicale, in questo caso) non può e non deve avere bavagli. Ma qui stiamo parlando di arte? Quando sentiamo il ‘grado zero’ dell’elaborazione musicale e i testi (poetici?) e poi parliamo, giustamente, di temi civilmente sensibili come il battersi contro il femminicidio e la violenza domestica… La vetrina (perché tale resta) di Sanremo non merita tale superficialità e sventatezza di «impaginazione». I giovani non la guardano questa tv, ci dicono i numeri, ma certi sdoganamenti sono ugualmente pericolosi.
Allora consoliamoci con le «Meraviglie» di Alberto Angela, dimentichiamo volentieri gli sguardi, dal «buco della serratura», del «Grande Fratello Vip» e promuoviamo le fiction come «La guerra è finita» su Rai 1. Per fortuna, come dicono pure le statistiche, ognuno può farsi la propria tv e favorire canali, anche del digitale terrestre, solo apparentemente ‘laterali’ come Rai 5 o Rai Storia, non molto illuminati dalle luci di proscenio. E spegnere, una volta per tutte, gli share più dannosi.