Uomo 4.0, opportunità o incubo? Dibattito a Torino

Istituto Scienze religiose – Una studentessa in tirocinio presso la Pastorale universitaria della diocesi tira le fila del dibattito che si è tenuto lo scorso 12 aprile in via XX Settembre sull’impatto del repentino progresso tecnologico nella società odierna

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Da sempre l’essere umano utilizza la tecnica e l’intelligenza per migliorare la sua condizione, ma i progressi tecnologici a cui assistiamo negli ultimi anni offrono la possibilità di ripensare all’uomo non più solo come individuo costituito da carne e ossa, ma come essere ibrido rafforzato e compensato nei suoi limiti dalla dimensione tecnologica. Per questa ragione si levano voci allarmistiche dovute soprattutto all’accelerazione di questa evoluzione, tale da non permettere una giusta metabolizzazione sociale, con il rischio di “perdere” ciò che è genuinamente umano.

Su queste tematiche si è discusso giovedì 12 aprile 2018 all’Istituto Superiore di Scienze Religiose di Torino dove ad intervenire sono stati Luca Grion, professore di filosofia morale presso l’Università degli Studi di Udine e Maurizio P. Faggioni, professore ordinario di bioetica presso l’Accademia Alfonsiana di Roma.

In seguito ad un breve saluto di Germano Galvagno, direttore dell’Istituto Superiore di Scienze Religiose di Torino, e all’introduzione al tema da parte del professore Giuseppe Zeppegno, seguono i due interventi.

Ad aprire la serata è stato il professor Luca Grion, il quale ha introdotto il tema chiamando in causa il mito di Prometeo ed Epimeteo e quello di Dedalo e Icaro: i due restituiscono una visione dell’uomo come l’essere che attraverso il “fuoco”, ovvero la tecnica, può evolvere e liberarsi dalle sue restrizioni, ma ha dei limiti che non può superare. Secondo il professore oggi l’uomo sarebbe sul punto di superare la soglia invarcabile e di prendere in mano le redini della propria evoluzione. Nel post-umanesimo si assiste ad un netto miglioramento della condizione di vita dell’essere umano: ci si libera di tutte le cause naturali di morte e si è sul punto di vincere la guerra contro l’invecchiamento. Le “rotte” transumaniste, intese come le vie utilizzate dalla scienza per superare i limiti suddetti, sono l’intelligenza artificiale, la robotica, la medicina, l’ingegneria genetica, le nanotecnologie, la criogenesi e non solo. Esse si basano sull’idea che l’individualità dell’essere umano risieda nel cervello e che possa essere scansionata e salvata in una macchina. Il docente sostiene che queste possibilità scientifiche siano molto più vicine a noi di quanto immaginiamo e che le nuove generazioni siano quelle destinate ad avere vita eterna. Per finire il professore invita alla riflessione, in quanto l’evoluzione di cui ha discusso potrebbe portare a nuove forme di discriminazione e a scenari disumani. Invita anche a porsi domande di natura etica, ad esempio, quale sia l’idea di umanità migliore.

Il secondo intervento è quello del professor Giuseppe Zeppegno, il quale rimanda ai presenti una riflessione teologica sull’argomento. Egli sostiene che lo sviluppo tecnologico possa essere visto secondo un’accezione sia positiva che negativa: la tecnica può essere utilizzata in modo positivo dall’uomo e nel rispetto della progettualità di Dio solo se tiene conto dei valori dell’essere umano. Al contrario, lo sviluppo tecnologico può essere negativo se si piega al puro desiderio di potere, infatti in questo caso la scienza finisce per trattare il corpo umano come un dato bruto. La Chiesa supporta ed elogia l’intervento dell’intelligenza umana secondo la visione tradizionale dell’arte medica che integra e ripara le parti lese dell’uomo senza intervenire nella struttura naturale del corpo, diversamente dalle tecnologie biomediche innovative che non riparano ma sostituiscono la precedente anatomia umana. All’essere umano è quindi concesso di trasformare se stesso in quanto libero di autodeterminarsi nella creatura che vuol essere, in questo modo afferma la sua libertà ma solo nel rispetto dei valori umani che sono dati da Dio.

La conferenza termina lasciando aperte una serie di domande etiche a cui non si può dare risposta. Si invita alla cautela e alla riflessione sulle conseguenze di un’evoluzione che tanto può dare all’uomo e tanto può togliere all’umanità.

 

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