Sono una trentina di studenti della scuola media Turoldo di Torino i protagonisti dell’operazione di ‘salvataggio’ della memoria collettiva del quartiere Vallette che, nell’ambito del progetto Qui Abito, vincitore del bando AxTo e condotto da Cliomedia Public History in collaborazione con il dipartimento di architettura e design del Politecnico, li ha visti, per tutto l’anno scolastico trascorso, impegnati in un’operazione di valorizzazione e riscoperta della storia pubblica del quartiere, non delle più serene e spesso oggetto di discriminazioni e di cattiva fama. I diversi progetti, i prodotti del laboratorio sull’immaginario quartiere futuro, e la proiezione delle video-interviste hanno raggiunto la cittadinanza ufficialmente mercoledì 5 giugno, presso il teatro delle officine Kaos e la casa del Quartiere Vallette di piazza Montale.
Si parte dal 1961, anno in cui vengono assegnati i primi lotti alle famiglie più povere, provenienti da ogni parti d’Italia; ogni giorno ne arriva una nuova e mediamente è composta da 5 persone; in pochi anni Vallette diventa un quartiere ‘dormitorio’ in cui la maggior parte dei padri di famiglia è operaio nelle fabbriche della città. Ma un dormitorio invece non è: le poche persone che oggi a Vallette abitano ancora, e che negli anni 60 e 70, erano appena bambini, nelle video-interviste realizzate dagli studenti raccontano storie soggettive che si intersecano di continuo, nei cortili dei condomini, attorno ad un pallone, alla festa di matrimonio di una famiglia rom, nei bunker della contraerea, intorno alla torre di mattoni della prima centrale termo-elettrica, negli sterminati prati in cui, durante gli anni di piombo, sarebbe stato costruito il carcere Lorusso e Cutugno, soprannominato il «carcere delle Vallette», un appellativo costato agli abitanti del quartiere le stesse discriminazioni e diffidenze che oggi sono riservate alle famiglie migranti da altri continenti.
Vallette è certo stato sempre un quartiere povero, in cui spaccio e malavita hanno trovato terreno fertile, ma è anche stato uno spazio utopico, che come allora sognava di ricostruire, ai margini di una metropoli come Torino, un villaggio solidale con famiglie provenienti da diverse parti d’Italia, oggi ripensa il futuro dal basso. «La festa del gioco» è il plastico realizzato dagli studenti rappresentante, in scala, piazza Montale e piazza don Pollarolo e che immagina un percorso a tappe, basato sul gioco dell’oca, che permette di attraversare complessivamente i due spazi, potendosi intrattenere in attività di gioco come twister, dama e battaglia navale. «Con questo esperimento», racconta Maria Luisa Barelli, docente del Politecnico che ha condotto il laboratorio «Immaginare il futuro», «si è voluto concretizzare l’immaginazione dei ragazzi che in un primo momento, e affrontando la paura iniziale del ‘nuovo’, hanno cercato di vedere il quartiere in una prospettiva diversa, tentando così di migliorarlo». Con la stessa idea e lo stesso protagonismo si è pensato il murales alla scuola Turoldo – che verrà presentato in ottobre insieme a una mostra fotografica – in cui insieme alla stilizzazione del quartiere sono disegnati anche cinema, negozi e piscine, elementi mancanti ma desiderati dai più giovani.