“Vivere, non vivacchiare!”, l’eredità del beato Pier Giorgio Frassati

4 luglio 1925 – «Ore 7 (di sera) irreparabile sventura. Povero san Pier Giorgio! Era santo e Dio l’ha voluto con sé». Così, 94 anni fa annota sul calendario di cucina la sua grande amica Ester Pignata: la cuoca anticipa di quasi un secolo il giudizio di santità dell’«uomo delle otto beatitudini» come lo definì Giovanni Paolo II

2426
Pier Giorgio Frassati

«Ore 7 (di sera) irreparabile sventura. Povero san Pier Giorgio! Era santo e Dio l’ha voluto con sé». Così, 94 anni fa, il 4 luglio 1925, annota sul calendario di cucina la sua grande amica Ester Pignata: la cuoca anticipa di quasi un secolo il giudizio di santità dello «studente delle otto beatitudini»: Torino auspica che arrivi presto la canonizzazione.

«Caro papalino bello, ti voglio tanto bene perché tu sia contento non batterò più Luciana. Buona festa. Pregherò Gesù Bambino per te. Ti bacia il tuo Dodo». Poi aggiunge: «Papalino mio bello tanti auguri, ti prometto che non dirò più bugie. Un bel bacio da Luciana». Questa è, probabilmente, la prima lettera, databile forse nel 1906, di Pier Giorgio. Nel 94° della morte l’editrice Effatà di Cantalupa (Torino) ha pubblicato due opere. La prima è il volumetto che porta per titolo il motto di Pier Giorgio: «Non vivacchiare ma vivere». La seconda è la raccolta delle «Lettere». Entrambi i volumi sono curati dallo scrittore Roberto Falciola, esponente di spicco dell’Azione Cattolica torinese e vice postulatore della causa di Pier Giorgio. Le «Lettere» sono curate dalla sorella Luciana e l’attuale edizione critica si aggiunge a quelle edite da Studium (1950) con prefazione di don Luigi Sturzo, Queriniana (1976), Vita e pensiero (1995).

Il 14 agosto 1907 Pier Giorgio scrive: «Caro papalino, in questo giorno del tuo onomastico ti scrivo questa letterina per farti tanti auguri di buona salute. Pregherò Gesù per te e ti prometto di essere buono e studiare per compensarti di tutto il lavoro e dei sacrifizi che fai per me. Buona festa e tanti auguri dal tuo Pier Giorgio». Sono circa 400 lettere fino all’ultimo biglietto, a (Giuseppe) Grimaldi, consocio della San Vincenzo, scritto il 3 luglio 1925, vigilia della morte, con grafia stentata per la mano paralizzata dal male: «Ecco le iniziazioni dei Converso. La polizza è di Sappa. L’ho dimenticata, rinnovala a mio conto».

«È vissuto poco ma ha vissuto molto» sottolinea nella prefazione mons. Matteo Maria Zuppi, arcivescovo di Bologna. Le mete preferite del giovane sono le chiese per pregare e fare adorazione eucaristica notturna; le stamberghe per soccorre i poveri; le corsie del «Cottolengo». Portando aiuto a una famiglia, ove povertà e mancanza di igiene provocano infezioni, probabilmente Pier Giorgio contrae la poliomielite fulminante. Il 20 giugno 1925 partecipa alla processione della Consolata e alla traslazione della salma di don Giuseppe Cafasso. Il 30 sostiene al Politecnico l’esame di Geometria pratica. Poi si mette a letto e alle 19 del 4 luglio 1925 spira. Il cardinale arcivescovo Giuseppe Gamba commenta: «Potevo morire io al suo posto, faceva tanto bene».

Il nunzio a Berlino mons, Eugenio Pacelli – futuro Pio XII – partecipa al dolore del papà Alfredo, già ambasciatore italiano nella capitale tedesca, sicuro che «verace e potente conforto, balsamo prezioso il pensiero che i nobili, luminosi di fede sentita e vissuta di Pier Giorgio saranno sempre vivi nella gioventù e saranno di stimolo a seguirne le orma».

I funerali alla parrocchia Crocetta sono un’apoteosi per la quantità di gente, poveri, giovani e popolani che partecipano al lutto. Il cronista Ubaldo Leva racconta su «La Stampa» «il gesto toccante e trascinante, da dare i brividi, degli amici: trasportata la bara dal carro funebre in chiesa, vi poggiarono il capo, e così stettero, pallidi e immobili, per non so quale abbandono dolce e disperato, come estenuati di dolore e di amore. Un plebiscito si è stretto attorno alla salma. Quasi tutta gente del popolo, gente minuta, donnette e artigiani, e tante mamme coi bimbi. Le case si erano svuotate di tutti quelli che non erano al lavoro; ma c’erano anche quelli che venivano dai punti opposti della città. Quei funerali furono la prima testimonianza, la prima consacrazione della grande anima, del puro spirito di Pier Giorgio. Lì inizia il suo processo di santificazione».

Frassati senior subisce tre gravi perdite in poco tempo. Nominato nel 1920 ambasciatore a Berlino, dopo due anni si dimette per protesta contro il regime fascista. Dopo la perdita straziante del figlio, Alfredo perde anche «La Stampa» della quale è direttore e proprietario. Il regime interrompe le pubblicazioni per 34 giorni (29 settembre-2 novembre 1925) e nel 1926 blocca i giornali non fascisti. Frassati chiede aiuto: Giovanni Agnelli e Riccardo Gualino acquistano un terzo dell’editrice. Frassati tornerà a «La Stampa» il 16 luglio 1945, come comproprietario di una quota restituitagli dalla Fiat e come collaboratore.

Chi è Pier Giorgio? Risponde il teologo tedesco padre Karl Rahner, riportato da Falciola: «È un cristiano, la sua contestazione consiste solo nell’es­serlo in una maniera assolutamente spontanea, come se ciò fosse una cosa spontanea per tutti. Egli trae la forza il coraggio di essere qual è non dall’opposizione alla generazione dei genito­ri, non da una diagnosi e da una prognosi della cultura di allora, o da cose simili, bensì dalla stessa realtà cristiana».

Don Luigi Sturzo scrive nella prefazione alle «Lettere»: «Si era affacciato alla vita terrena, e ne aveva sen­tito gioie e dolori, piccole amarezze e disappunti, e noie e risentimenti, aveva composto tutto questo piccolo tumultuare, nell’anelito del bene, nell’apostolato dell’azione cattolica e sociale, nella carità verso i poveri, ultimo suo slancio e occasione del sacrificio della sua vita». Mons. Giovanni Battista Montini, sostituto della Segreteria di Stato, e futuro Paolo VI, scrive alla sorella Luciana: «Torna a noi la sua voce, la sua presenza; si riaccende il desiderio dell’imitazione dell’emulazione; si conforta la certezza che una giovinezza forte e limpida è possibile e vicina; si sente l’interiore anelito verso una bontà interiore crescere nel cuore; e si pensa che tutto questo sia bene, e sia anche dovuto alle pagine che introducono nella confidenza di Pier Giorgio, e quasi mettono a conversazione con lui. Dio la benedica di quest’opera buona; e possano con i suoi figlioli tanti altri giovani avere da questa ancor fresca testimonianza nuovo monito e conforto ad alto sentire cristiano».

«Pier Giorgio Frassati lettere», a cura di Luciana Frassati, Effatà, Cantalupa (Torino), 2019; Roberto Falciola. «Pier Giorgio Frassati “Non vivacchiare ma vivere”», Ave-Effatà, Cantalupa (Torino), 2019.

LASCIA UN COMMENTO

Inserisci il tuo commento!
Inserisci il tuo nome