Strage di cristiani in Centrafrica, l’appello dei Vescovi all’Onu

48 morti – Il 15 novembre ribelli musulmani dell’Unité pour la paix en Centrafrique (Upc) hanno attaccato il campo profughi della diocesi di Alindao: tra i 48 morti – alcuni arsi vivi – numerosi cristiani e due sacerdoti

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«Drammatica la situazione dei cristiani ma il mondo gira lo sguardo altrove». Il 16 novembre 2018 Papa Francesco ringrazia l’Ordine del Santo Sepolcro di Gerusalemme per le iniziative spirituali e caritative a favore delle popolazioni della Terra Santa: «Anche voi contribuite al raggiungimento della pace. Sta di fronte al mondo la drammatica situazione dei cristiani perseguitati e uccisi in numero sempre crescente. Ma il mondo troppe volte volge lo sguardo dall’altra parte».

Il 13-16 novembre 2018 cavalieri e dame a Roma hanno tenuto la quinquennale Consulta. Dall’ultima nel 2013 – osserva il papa – «l’Ordine è cresciuto nel numero dei suoi membri, nell’espansione geografica con la creazione di nuove articolazioni periferiche, nell’assistenza materiale che ha offerto alla Chiesa in Terra Santa e nel numero di pellegrinaggi compiuti». Resta il fatto che «il «martirio bianco va di pari passo al martirio del sangue e si verifica nei Paesi democratici quando la libertà religiosa viene limitata».

Quella stessa notte in Centrafrica si consuma un altro massacro contro un campo profughi della diocesi di Alindao con 26 mila sfollati: tra i 48 morti – alcuni arsi vivi – numerosi cristiani e due sacerdoti: Blaise Mada, vicario generale, e Célestin Ngoumbango della parrocchia di Kongbo. Case e rifugi di fortuna sono saccheggiati e distrutti ancora una volta dai ribelli musulmani dell’Unité pour la paix en Centrafrique (Upc).

L’area è ricca di miniere di oro e di diamanti. E molti denunciano l’incapacità delle forze di pace dell’Onu, presenti dal 2014, di affrontare e ridurre la violenza. A questo si sommano i contrasti tra le potenze straniere che, con la scusa di gestire la crisi, puntano all’oro e ai diamanti. Una ventina di gruppi armati, prevalentemente islamici, agiscono indisturbati, tiranneggiano la popolazione, saccheggiano le risorse naturali. Si stima che nel paese gli sfollati siano 690 mila, un quarto dei 4,5 milioni di abitanti mentre sarebbero 570 mila quelli rifugiati nei Paesi vicini.

I vescovi chiedono al governo e all’Onu di «coordinare le azioni per assicurare che gli autori di questi omicidi e i loro mandanti siano arrestati e consegnati alla giustizia. La Chiesa è diventata bersaglio di gruppi armati criminali: questa malvagità non può rimanere impunita a tempo indeterminato».

Papa Francesco fu pellegrino di pace in Centrafrica per aprire, nel novembre 2015, la Porta santa della Cattedrale nella capitale Bangui e così inaugurare il Giubileo della misericordia. Incontrò cristiani e musulmani e invitò al perdono, a mettere da parte l’odio, «a non avere paura dell’altro, di ciò che non appartiene al nostro gruppo etnico, alle nostre scelte politiche, alla nostra confessione religiosa».

Domenica 18 novembre ha pregato «per i morti e i feriti perché cessi ogni violenza». Ha pregato per padre Victor Luke Odhiambo, primo gesuita di nazionalità keniana, ucciso da un gruppo di uomini armati che ha assalito la comunità gesuitica in Sud Sudan. Infine Asia Bibi, assolta dall’accusa di blasfemia in Pakistan, è sempre nascosta in una località segreta per timore degli estremisti islamici. Vari Paesi, Italia compresa, sono stati interpellati perché concedano asilo politico a lei e alla famiglia.

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